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TOPIC: “TROPPI SUICIDI NELLA GDF, SPIEGHIAMO PERCHÉ”. 


MESSAGGIO N. 1

DATA DI INSERIMENTO NEL FORUM: lunedì 20 novembre 2006 alle 10.21.39

AUTORE: abatebusoni

TESTO

E' di questa mattina l'articolo apparso su "La Repubblica", secondo il quale all'interno del Corpo, negli ultimi dieci anni, si sono verificati ben 74 casi di suicidio. Il Comandante Generale, in proposito, ha sentito l'obbligo morale e istituzionale di scrivere una lettera aperta a tutti gli appartenenti alla G.diF., esortandoli a rinunciare a gesti estremi ed a rivalutare il senso della vita. In sintesi, Speciale, dopo aver citato John Donne e Madre Teresa di Calcutta, ha detto: "la vita è bella e merita di essere vissuta". Non solo: ha istituito un gruppo di studio composto da psicologi e psichiatri di fama nazionale (Vittorino Andreoli) per cercare di capire questo fenomeno ed avviato corsi di formazione tra gli ufficiali, che in qualità di comandanti di reparto dovrebbero poi capire meglio o decifrare le menti dei finanzieri e magari prevenire, si spera, alcuni comportamenti autolesivi tra cui, appunto, il suicidio.

L’argomento è molto ghiotto da lasciarselo sfuggire, per cui dopo aver letto l’articolo mi sono precipitato sulla tastiera per alcune mie personali considerazioni.

Ritengo che il Comandante Generale, sensibile a tutto quello che riguarda il personale, abbia il merito di aver sollevato un problema che da diversi anni covava sotto la cenere. Nutro invece delle perplessità sul metodo che ha inteso utilizzare per capire e fronteggiare il fenomeno “suicidi”. Innanzitutto non occorre una gruppo di lavoro di psicologi per spiegare il malcontento che ormai dilaga nelle nostre caserme, è sufficiente, a mio avviso, collegarsi a questo sito e andarsi a leggere, gratuitamente, i vari post creati dai colleghi, oppure aprire un forum istituzionale e raccogliere varie testimonianze, ovviamente in forma anonima. Sui corsi che dovrebbero frequentare i comandanti di reparto, oltre a nutrire delle perplessità, inorridisco. Proprio coloro che sono i maggiori responsabili del malessere del personale dovrebbero porvi rimedio attraverso dei corsi che non servono a nulla? Sarebbe un po’ come se si volesse istruire le volpi a fare la guardia ai pollai. Ma ci vogliamo rendere conto che negli ultimi anni sono proprio i comandanti di reparto, fino al livello di Comando Regionale, che hanno inquinato la serenità dei finanzieri? Colonnelli d’assalto contagiati dalla bramosia del successo personale che pretendono la continua presenza di pattuglie nelle strade cittadine, o sul territorio, come dicono loro. Ispettori che svolgono attività di polizia giudiziaria o tributaria, responsabili di indagini che culminano in quei risultati di servizio che apprendiamo dai mezzi di informazione, impiegati part-time in servizi anti-immigrazione o di controllo del territorio, con turni 00/06. Una volta esistevano le competenze settoriali per cui un maresciallo di un Nucleo PT faceva solo attività investigativa, giudiziaria o tributaria, un basco verde faceva solo controllo del territorio, un militare di un reparto territoriale si occupava di verifiche e controlli di minore portata rispetto a quelle dei nuclei, tra cui i controlli strumentali. Oggi tutto è stato rivoluzionato per cui tutti fanno tutto, senza risorse e con il fiato sul collo dei superiori. Per non parlare poi delle ingiustizie nella progressione delle carriere e del Suk (mercato arabo dove tutti contrattano di tutto) che è diventato l’istituto del trasferimento a domanda. Era davvero necessario istituire un gruppo di lavoro per conoscere il motivo del disagio del personale? E’ davvero producente istruire i comandanti di reparto sulle dinamiche psicologiche umane che potrebbero determinare gesti estremi di autolesionismo? Tutto questo serve solo a guadagnare ancora una volta una pagina di giornale, speculando cinicamente sulle povere vite di quei colleghi che hanno deciso di farla finita. L’intento è stato raggiunto: “parlano e scrivono di noi quindi esistiamo”. Se questo serve a rassicurare qualcuno su questo dilemma amletico, non serve però per capire e fronteggiare il fenomeno. Saluti

 
 
 
 
 
Pressioni dei superiori per ottenere risultati di servizio  

Ingiustizie nella gestione dei trasferimenti 
 
 
 
 
 
 
 
 

MESSAGGIO N. 2

DATA DI INSERIMENTO NEL FORUM: lunedì 20 novembre 2006 alle 10.47.07

AUTORE: kilo

TESTO

Grande, condiviso e serio intervento!

Vorrei solo aggiungere che la G.di F. non piange solo i suoi morti ma assiste passivamente alla perdita continua di personale giudicato non idoneo al servizio per patologie legate all'umore (depressione, disturbi d'ansia e loro complicazioni).

Non è un chiaro segnale del forte malcontento che aleggia, visibilmente, nel Corpo ?

Occorre una drastica inversione di rotta: il personale è l'unica vera risorsa del Corpo, non è un pozzo da prosciugare per fini personali.

Concludo l'elogio all'intervento di Abatesuoni, rappresentando che, a mio avviso, molti superiori dovrebbero sentire la necessità di frequentare seriamente qualche corso, affinché possano, con cognizione di causa, dirigere nei fatti l'attività di servizio e non farla apparire tale solo attraverso i comunicati o, peggio ancora, nelle richieste di concessione di ricompense morali.

 
Pressioni dei superiori per ottenere risultati di servizio
MESSAGGIO N. 3

DATA DI INSERIMENTO NEL FORUM: lunedì 20 novembre 2006 alle 11.20.16

AUTORE: jack

TESTO

Il problema è che molti superiori non sentono la necessità di nessun corso.

Partono dall'assunto di sapere tutto, sono dei veri "unti dal Signore"!

In secondo luogo, i corsi, se fatti, sarebbero fatti in stile "finanza" senza serietà ma per arrotondare lo stipendio(fogli di viaggio, tabelle, straordinario per finire il lavoro non fatto durante il corso, ecc.).

Il problema esiste ed è grave.

Io conosco due / tre colleghi al Reparto veramente stressati dal comandante; hanno fatto domanda di conferimento ma non sono stati neppure ricevuti (il Comandante ha parlato prima con il Provinciale) ed essendo in evidente difficoltà non è facile consigliar loro di insistere, rivolgersi ad un legale o, insomma, far valere le loro ragioni. Che si può fare di concreto ?

Se in Lombardia sentirete qualche sparo ... sarà anche perchè le parole sono belle ma giungere ai fatti è un'utopia !

 
Rivedere le regole sui conferimenti con i superiori
MESSAGGIO N. 4

DATA DI INSERIMENTO NEL FORUM: lunedì 20 novembre 2006 alle 15.21.40

AUTORE: amico fritz

TESTO

Condivido pienamente lo scritto Abatesuoni .Se il ns. buon comandante generale si mettesse, in borghese e come un semplice cittadino si farebbe un giro per le caserme d'Italia - basta andare a Napoli, meno di cento km.- si potrebbe rendere conto lo scempio che esiste nelle ns. caserme, chi le gestisce, come siamo combinati con mezzi e affini. Gli psicologi io li lascerei ai loro posti, anche perchè certi studi, secondo la mia ignoranza verrebbero raffinati con interviste a campione, su militari in ogni parte d'Italia, presi negli uffici nelle loro case, intervistate le mogli e in alcuni casi i genitori dei militari, non protocolli delle serie " devono piacere al nostro comandante ", per cui come sempre il nostro C.G. non sta perseguendo una giusta soluzione, secondo me s'intende.

 
 
 
 
 
Sofferenza nelle famiglie
MESSAGGIO N. 5

DATA DI INSERIMENTO NEL FORUM: lunedì 20 novembre 2006 alle 15.47.26

AUTORE: jag

TESTO

"Spinte da ideali di giustizia e libertà, individui unici, irripetibili, ricchi di energie e competenze, alla ricerca di affermazione, di dignità personale e professionale?” Bravo C1 ha colto nel segno, il problema dei suicidi è legato alla mortificazione quotidiana di dignità personale e professionale, la ricerca di affermazione è ormai agli sgoccioli e le competenze sono viste dai superiori come qualcosa da affossare, chi è intelligente è pericoloso, soprattutto se sa più del suo capo. A proposito se in Puglia qualcuno non la smette altro che 74, saliamo di molte altre unità.  
 

 
Mortificazione quotidiana della dignità personale e professionale 
 
MESSAGGIO N 6

enunu, lunedì 20 novembre 2006 alle 18.23.14

TESTO

Il problema e sempre quello: idee nuove e normativa stravecchia quindi nessun passo avanti. Ricordo che per lo studio delle cause predisponenti e determinanti i suicidi del corpo si fa riferimento ad una circolare del 1927 dove tra l'altro si chiede se il militare ha prestato servizio nel Regio Esercito (?).  
Inoltre come si fa a parlare di futuro e di salvaguardia del militare (etc etc) quando lo si definisce ancora INFERIORE?!?!?!?!Per la riunione di Torino non era plausibile anche la presenza dei delegati della RM?!?! Il meccanismo del ragionamento adottato gira al contrario quindi come sempre solo parole. Il CoGe cmq non si fa problemi a "schiaffeggiare" il personale attenendosi strettamente alle norme ma solo a senso unico....

 
 
Inadeguatezza e    arretratezza delle norme                 
MESSAGGIO N.7

amico fritz, lunedì 20 novembre 2006 alle 20.40.55

TESTO

Se il c.g. ha preso coscienza del problema e si rivolge ai suoi ufficiali, allora per dare il buono esempio, instauri domani e non poi una commissioni d'inchiesta agli ufficiali e ai diretti superiori che comandavano quei colleghi che si sono tolti la vita. faccia questo è avrà il plauso di tutta la Guardia di Finanza.. almeno quella sana che la pensa come Lui. Altrimenti sono sole parole nobili ma lasciate lì su un foglio di carta. Poi mettiamoci anche ad un tavolo con i consulenti, ma prima ripuliamo fintanto si può la gerarchia malata di potere!!! Questo è un grido che si leva da migliaia di finanziari di tutti i gradi, ne sono certo:  
PULIZIA, GIUSTIZIA, E ONORE queste parole in un buon ufficiale non devono mai mancare!!!

 
 
Pressioni dei superiori
MESSAGGIO N.8

portodimare, lunedì 20 novembre 2006 alle 21.10.44

TESTO

Mi permetto di segnalare al Comandante generale Roberto Speciale di leggersi il famoso memoriale del maresciallo Laurino (pubblicato con tutti gli altri documenti connessi in questo sito), tra l'altro, a Lui diretto, ove troverà ogni spunto utile e necessario per capire cosa ancora succede nella ns Amministrazione, ammesso che non lo sappia.  
Personalmente non conosco il collega Laurino, però ho letto attentamente il suo memoriale e vi assicuro che, fatti e non parole, l’atteggiamento assunto dalla catena gerarchica, a partire dal suo comandante diretto e fino al Comando generale è semplicemente raccapricciante.

 
Non so in quanti avrebbero sopportato quell’infinita serie di angherie senza conseguenze psicofisiche.  
 
Quanto allo scopo dell’articolo, sono d’accordo con Singris, che lo definisce “una gran marchetta staccata a favore di Speciale”. Mi è bastato farmi un giro in internet alla ricerca di “precedenti” del suo autore.

 
 
Pressioni dei superiori
MESSAGGIO N. 9

elfer, lunedì 20 novembre 2006 alle 21.29.24

TESTO

io come al solito faccio l'avvocato del diavolo e pongo l'attenzione su un punto: tanti suicidi non significano che i colleghi si siano suicidati per colpa del Corpo; attenzione non è meno grave. Spesso infatti ai momenti di difficoltà di un uomo, si può rispondere con atti e frasi semplici che possono risolvere tanti problemi. E' questo che manca nella nostra amministrazione: L'ATTENZIONE.  
Non ci suicida per le angherie dei superiori (o comunque non solo) ma E' SICURO CHE SE SI HA UN PROBLEMA, DA PARTE DELL'AMMINISTRAZIONE NON ARRIVA MAI UNA MANO. Al limite si può sperare nel buonsenso e nella sensibilità di qualche collega e di rarissimi comandanti.  
Questo forse vuole andare a modificare il C1.  
Sono ottimista?  
Ciao, Elfer.

 
 
 
Indifferenza verso i problemi dei militari
MESSAGGIO  N. 10

tex2004, martedì 21 novembre 2006 alle 13.12.23

TESTO

reparto del profondo sud: tre suicidi in caserma...piu' uno tentato. l'ultimo un m.a. molto in gamba preparato ecc. ecc., possibile che i comandanti non si chiedano come mai sempre allo stesso comando prv.le??? scusate ma non posso andare oltre, perchè solo a pensare ai colleghi ed alle famiglie...piango...

 
 
Difficoltà derivanti dall’ambiente
MESSAGGIO N. 12

Ludovico, martedì 21 novembre 2006 alle 18.16.32

TESTO

La colpa si sa bene di chi è, inutile nascondersi dietro ad un dito, certo poi ci sono i casi particolari, ma la realtà è ben nota a tutti, forse tranne a chi provenendo dall'Esercito non ha ben chiaro che cosa avvenga nei Reparti operativi.  
Ne vediamo ogni giorni di tutte i colori da parte dei nostri ufficiali, sopportiamo veramente di tutto, poi ci sono colleghi che sopportano meglio di altri, ovvero momenti della vita in cui tutti siamo più vulnerabili e si finisce con il cedere.  
Sig. C/te Generale, sono gli Ufficiali e - in genere - coloro che hanno incarichi di comando la causa principale di questo drammatico fenomeno, persone che si credono degli dei n terra, padroni di disporre della vita degli altri dentro e fuori il servizio a loro piacimento.  
Un Comandante deve capire il personale, saperlo riprendere quando serve, motivare nel momento giusto ed all'occorrenza dargli una pacca sulla schiena quando - e accade - i problemi personali si fanno pesanti; invece, la realtà è ben altra, purtroppo.

 
 
 
Pressioni dei superiori
MESSAGGIO  N. 13

@ntonio, martedì 21 novembre 2006 alle 20.09.34

TESTO

Scusate ma di cosa parlate? Convegni,commissioni di lavoro, psicologi, psichiatri .Nel Mio comando ogni mattina si parla solo di come trombare più contribuenti possibili e fare quanti più verbali. Poi se qualche militare ha problemi, la cosa non frega a nessuno tanto meno al mio "Caro Comandante",per lui come a tanti altri l' importante è la carriera,che la facciano sul sangue degli altri poco interessa. Caro C.G. prima di scrivere barzellette si faccia un giro per i reparti in borghese ed in incognito, poi ne riparliamo.

 
 
Pressioni dei superiori per il raggiungimento degli obiettivi
MESSAGGIO N. 14

Ludovico, martedì 21 novembre 2006 alle 21.02.05

TESTO

Il problema è che troppo spesso chi comanda - Ufficiali e non - seppur in grado di ottenere ottimi risultati operativi e/o di funzionamento del Reparto non è in grado non solo di gestire il personale, ma di capirlo.  
Perdonate la durezza delle mie parole, ma nella Germania della I Guerra Mondiale, gli Ufficiali erano pochissimi, perché si preferiva la "qualità" alla quantità; aggiungo che non l'ha ordinato il medico di fare il Comandante a nessuno, le problematiche che s'incontrano nell'azione di comando, fanno parte - appunto - del "fardello del comando".  
Il mio carattere mi porta a farmi scivolare tutto addosso, ma ci sono colleghi che non sono così-  
E' di poche settimane fa - riporto il fatto non importa il resto - il linciaggio morale di un Finanziere (pochi anni di servizio, ma di una correttezza, preparazione, precisione che è difficile trovare di questi tempi) semplicemente perché nel passare la telefonata (era di piantone) aveva accidentalmente interrotto la comunicazione, è volato di tutto verbalmente dal "ti rovino" a tutto il repertorio che chi indossa le fiamme da qualche tempo come me, ben sa.  
Ovviamente, vi lascio immaginare in che condizioni era il collega ed a poco sono valse le pacche sulla schiena e il "non farci caso" tanto fuori di qui non è nessuno.  
E' un episodio banale, di una piccola realtà, ma un comportamento diffuso che quasi nasconde quei "Signori Comandanti" che pure mi Onoro di aver conosciuto e sotto i quali ho prestato servizio, perché non dimenticherò mai il mio C/te di Sezione che col la sua macchina mi accompagna in Aeroporto perché mio padre era in fin di vita in ospedale ed io dovevo partire in GMF..  
Ripeto, un Comandante deve essere duro ed intransigente, pretendere precisione, tutto ciò che volete, ma deve anche saper dare comprensione, rispetto, ascolto a chi ne ha bisogno e queste cose - spero che conveniate con me - sono sempre più rare, oggi si vive nella sola prospettiva della carriera e dei risultati non conta altro non conta il militare che a casa ha la figlia inchiodata a letto da anni, conta solo che arrivi puntuale al lavoro e/o che copra i turni di servizio; non conta che tizio non sa a chi lasciare i figli dopo le 17:00 perché non può permettersi una baby sitter, conta che quel giorno faccia quel turno e l'elenco sarebbe troppo lungo.  
I colleghi che hanno problemi seri da anni, sono abbandonati a se stessi, quelli più deboli o che semplicemente non c'è la fanno più, prima o poi mollano ... tante tragedie di questi anni, si sarebbero potute evitare "se" ...  
Poi, si faccia caso ad un dato che i suicidi avvengono - tranne rarissime eccezioni - sempre in determinate zone, in determinate condizioni "ambientali" e via discorrendo.  
Mi sono dilungato troppo, ma - purtroppo - mi è capitato di vedere, purtroppo i dover ricordare colleghi che non ci sono più.

 
 
 
Inesperienza degli ufficiali e mortificazione della dignità personale e professionale
MESSAGGIO N. 15

skylife, martedì 21 novembre 2006 alle 21.36.06

TESTO

Ma quale psicologi e quale dispiacere Lei Sign. Generale ha solo bisogno di avere consensi dall'opinione pubblica. Se qualcuno le riporterà i nostri post e lei ha un po', e dico un po' di coscienza rammenti sulle lamentele dei cosiddetti "suoi uomini". Si sono belle le parole che ha fatto scrivere da qualcuno che sicuramente si interessa di filosofia orientale. Ma come la mette, per tutta quella gente che si è arruolata circa 20 anni, sapendo che dopo tale periodo avrebbe potuto scegliere se andare in pensione e tornare al paesello vicino ai suoi familiari, oppure rimanere nella sua nuova città adottiva, magari coltivando qualche altro interesse. Qui non c'è bisogno di nessun psicologo o medico chi che sia c'è solo bisogno di giustizia, e mi riferisco anche alle porcherie che sono state fatte con il riordino del 95 dove c'è chi ci ha guadagnato ma ahimè c'è sempre chi ci va a perdere,( e io sono uno di quelli come tanti altri) poi si vede passare avanti da ragazzi molto più giovani (nulla contro di loro) Ma è normale che chi è più giovane, prima è più fresco di studi e poi al 90% non ha ne moglie ne bambini da accudire, quindi si può permettere anche di partecipare a concorsi e corsi che comportino l'allontanamento dalla sede di servizio e anche un successivo trasferimento dal reparto. Anzi il più delle volte il corso viene fatto proprio per questo motivo, e poi è normale che chi rimane sempre l'ultima ruota del carro anche avendo 45/50 anni di età, "dando così anche uno schiaffo all'esperienza maturata" si senta un po' frustrato, e a volte capita che i più sensibili o deboli chiamateli come volete combinino poi un gesto irreparabile. Con questo non voglio dire che i colleghi facciano bene a fare certi gesti estremi, perché chi arriva a fare ciò deve essere proprio all'ultima spiaggia, però anche da parte dei "Sign. Superiori" non si è mai visto un gesto o una parola di conforto per dare un po' di speranza a persone che non vedono via d'uscita alla situazione di stallo in cui ci troviamo, forse perché non vi insegnano che i vostri "uomini" sono anche loro degli esseri umani e non delinquenti come a volte ci trattate.  
Spero Sig. Generale, e ne sono sicuro che le venga riportato questo intervento.  
Cordialmente.

 
 
 
 
Lontananza dalle famiglie d’origine
MESSAGGIO N. 17

achille2, martedì 21 novembre 2006 alle 23.22.41

TESTO

il post di berardo è da copiare e incollare all'infinito.  
aggiungo molti che comandano non hanno neanche la ben minima parvenza di umana sensibilità.  
Ogni mese pancia piena e..scusate il termine in culo alla balena, alla faccia di tutto e di tutti o della maggior parte del personale alle sue dipendenze.  
e i superiori? non controllano nulla basta che non ci siano novità.

 
 
 
Indifferenza dei superiori verso i problemi dei militari
MESSAGGIO N. 18

Cogito, mercoledì 22 novembre 2006 alle 2.30.54

TESTO

L’estremo auto-sacrificio è sempre un comportamento vigliacco, per me ingiustificabile, qualsiasi siano le cause.  
Posto ciò, cercherò adesso di far comprendere il mio punto di vista in merito alla concausa chiamata Guardia di Finanza.  
Una delle origini del generale crescente malumore, che nei casi più gravi può sfociare in gesti inconsulti, è certamente l’assenza di razionalità ed umanità da parte del quadro dirigente o comunque della stragrande maggioranza di essi. Questi individui vanno però anche compresi, entrano in azienda a diciotto anni, quando della vita hanno visto ben poco, spesso provengono dalla Nunziatella, quindi vengono sradicati dall’affetto familiare a 13 circa. Molti di questi sono figli d’arte (la ripetizione dei cognomi ne è una costante prova) hanno quindi sempre vissuto in una famiglia “marziale” che si è trasferita ogni due/tre anni da un capo all’altro della penisola, ricevendo da essa ben poco affetto, sconoscendo spesso, per via della sua perenne assenza, il padre. Non hanno conosciuto l’amicizia a causa dei frequenti traslochi e non hanno mai potuto costruire legami sociali di alcun genere.  
Questi derelitti, durante la formazione vivono nel primo caso (arruolamento diretto) 5 anni, nel secondo 10 (nunziatella) , in un ambiente ostile, prevaricatore, che come unico obiettivo ha, non formare, ma plasmare secondo precisi canoni, la “macchina” di comando. Escono ancora pischelli dall’accademia e si trovano a reggere reparti la cui importanza ed il cui numero di dipendenti grava come un macigno sulle loro già labili menti. Nel tempo imparano solo a diffidare, negare e sminuire. Intanto accumulano a loro carico acredine ed odio che li imbarbarisce maggiormente. Con chi credete che possano sfogare le loro frustrazioni? Con chi insieme a loro frequenta i salotti buoni, con i professionisti loro amici, con gli industriali conniventi, con i politici di cui sono succubi?  
No, cari signori, con coloro che incontrano ogni giorno e con cui passano spesso 30 ore su 24 in servizio (da scritture di servizio parrebbe cosi), sono quindi sempre gli stessi a farne le spese!  
Il mio non è vittimismo (mi so ben guardare da loro e dai loro meschini giochetti) e non è nemmeno recrudescenza dei sentimenti provati nei loro confronti, è solo un attenta analisi delle loro modeste e spesso meschine vite. Non sono gli agganci importanti, la poltrona, lo stipendio, i benefit vari, a fare un uomo, ma è piuttosto il suo comportamento coerentemente razionale ed elasticamente adattabile, è la sua capacità di comprendere che l’essere umano è fatto di emozioni, necessità e problemi.  
Non è un automa al quale bisogna solo tenere cariche le pile, altrimenti si ferma e non produce…carta spesso inutile!

 
 
Sete di carriera dei superiori
MESSAGGIO N. 19

forse, mercoledì 22 novembre 2006 alle 8.31.51

TESTO

Desideravo rispondere a cogito e inoltre dare il mio piccolo contributo alla discussione.  
Sarà anche vero che il suicidio è un gesto di vigliaccheria, ma ti posso assicurare che è un gesto di grande coraggio. Ci vuole piu’ coraggio a uccidere se stessi che un altro uomo questo a causa del nostro senso innato intrinseco all’uomo di autoconservazione. Sono convinto che parecchi di questi nostri cari colleghi abbia scelto questa soluzione rovinando magari la propria famiglia onde evitare di trovarsi nella situazione opposta cioè quella di uccidere.  
Faccio parte in questo corpo della bassa manovalanza dove angherie e vessazioni si perpretano giornalmente a nostro carico. Dove solo perché fai parte della truppa, sei considerato ignorante incompetente, nullafacente e altro. Anni di vessazioni e ricatti mi hanno oramai incallito tanto che nella mia ignoranza mi sono munito di microtelecamera e microregistratore onde poter finalmente denunciare pubblicamente e possibilmente attraverso gli organi di informazione quello che alcuni (forse parecchi) nostri ufficiali attuano ogni santo giorno al personale dipendente. Giorni fa’ ho visto un maresciallo maggiore, ed era la prima volta dopo vent’anni che lo conosco, buono come il pane, educato, preparato professionalmente, con gli occhi fuori dalle orbite dopo parecchi sopprusi da parte del nostro attuale comandante. Nondimeno i problemi familiari dovuti all’annoso problema dei trasferimenti o chiamiamolo pure delle raccomandazioni. La moglie vuole tornare dalla mamma, il trasferimento non arriva, la vita comincia ad essere invivibile con i nostri miseri stipendi. La casa al paesello che potrebbe far risparmiare parecchi denari d’affitto. E la famiglia si sfascia. Ecco alla fine che scatta la molla. La solitudine. La famiglia ti ha abbandonato, devi versare gli assegni, quindi non ti restano nemmeno i soldi per le sigarette, ufficiali in caserma che credono di essere Dio in terra, ricatti, dispetti, punizioni inesistenti. Ecco la molla.  
Ma in questo continua a dire che vi è un gesto di grande coraggio. Il coraggio di farla finita piu che finire l’altro. Gli ufficiali a comando di quei reparti ove sono successi questi fatti credo dovrebbero avere il dovere morale di intervenire aiutando magari le famiglie o i figli in qualche modo essendo fermamente convinto che quel colpo doveva essere diretto a loro.  
Anni fa anche nel reparto in cui presto servizio avvenne un fatto analogo, naturalmente tenuto nascosto. Quando la povera moglie con due piccoli esseri si fece ricevere dal Colonnello per avanzare richiesta di un aiuto per poter trovare lavoro il bas…….do rispose che il suo ufficio non era quello di collocamento. La moglie però fu subito sistemata agli enti locali.  
Allora cari colleghi dico e concludo che fino a quando avremo a che fare con tale classe dirigente, o denunciamo pubblicamente quanto accaduto o continueremo a iniettarci piombo.

 
 
 
 
Difficoltà nei trasferimenti e condizioni economiche difficili
MESSAGGIO N. 20

kocalos, mercoledì 22 novembre 2006 alle 8.55.08

TESTO

togliete il militarismo le stellette e le angherie che ogni giorno dobbiamo sopportare dai superiori e vedrete che forse non ci saranno più suicidi. Il problema è che fra i finanzieri ci sono anche uomini sensibili che hanno bisogno di aiuto e non solo "machi" e uomini duri. Si deve cambiare atteggiamento verso i colleghi e farla finita con le parole insignificanti che si dicono e con i vocaboli di stampo militare del 1900. Spero che il Comandante Generale capisca questo malumore nella GDF e prenda provvedimenti.

 
 
 
Mortificazioni personali e professionali
MESSAGGIO N. 21

miki, mercoledì 22 novembre 2006 alle 11.08.44

TESTO

Gli Ufficiali sono stressati andate a vedere la statistica dei matrimoni falliti a causa dei trasferimenti,lontani dalle famiglie.  
Il comandante di Reparto deve fare i conti con:  
1 mancanza di mezzi  
2 pressioni dei diretti superiori  
3 centrare gli obiettivi assegnati  
4 personale non preparato  
 
anche gli Ufficiali soffrono e ..................si sparano

 
 
 
 
 
Problemi personali dei superiori che si ripercuotono sui militari
MESSAGGIO N. 22

Atos, mercoledì 22 novembre 2006 alle 12.42.59

TESTO

Le misure “anti-suicidi” del C1, seppure inadeguate e solo “istituzionali”, sono comunque un segnale importante che tenta di far luce su un argomento scottante per tutta la gerarchia.  
In questo particolare momento storico, per quello che ci riguarda, sarebbe opportuno cercare di aprire un serio dibattito sulle tematiche che emergono in questo forum e l’argomento suicidi potrebbe essere solo il primo. Non dovremmo consentire a sentimenti come astio, rancore, delusione di impedire un franca discussione su un tema fondamentale: la vita (talvolta la morte) in GDF.  
Credo, inoltre, che seppure sia stato dato mandato a psicologi di pregio di investigare sul tema in argomento e verranno organizzati (inutili) corsi professionali con i quali gli ufficiali saranno unti dal sapere e la loro mente si aprirà al confronto, le problematiche sollevate da questo forum risuoneranno nelle menti deputate a ragionare sull’argomento suicidi.  
E’ fondamentale che quest’apertura del C1, magari anche osteggiata in seno allo stesso coge, sia colta da tutti noi per far luce su tutti gli ABUSI, ORDINI ILLEGITTIMI, INGERENZE NELLA VITA PRIVATA, RITORSIONI, che tutti i giorni riportano la vita di qualche collega all’epoca del medioevo.  
La responsabilità di dissennati ufficiali che vedono la GDF come cosa propria ed il personale come servi privi della minima autonomia intellettuale, non potrà che essere acclarata ma, a quel punto, la risposta dell’Istituzione GDF dovrà essere ferma ed intransigente, scevra dalla benché minima difesa ad oltranza della categoria ufficiali.  
Scusate se mi sono dilungato.  
Atos

 
 
 
 
 
 
 
 
Mortificazione personale e professionale
MESSAGGIO N.23

nessuno, mercoledì 22 novembre 2006 alle 13.37.28

TESTO

Sin dalla scuola allievi ognuno di noi viene tartassato, vessato come un incapace e se la memoria mi assiste sfiancato fisicamente, marce in montagna senza mangiare, regali coatti ai comandanti di compagnia, plotone e squadra. Qualcuno dice che è il corso e che serve per formare, io ho visto persone trattate come non si tratterebbe nemmeno il peggiore ed incallito dei criminali, colleghi che per un bottone interno del cappotto non allacciato sono stati privati della possibilità di vedere i genitori che si erano sobbarcati migliaia di kilometri per andarlo a trovare, oppure ragazzi messi di servizio il giorno in cui la ragazza li andava a trovare dopo aver percorso i soliti migliaia di kilometri, perchè così piaceva al c.te di compagnia che doveva agevolare il collega amico di corso del fratello. Si dice che è il corso e deve formare, a me è sembrata solo cattiveria gratuita. A reparto le cose vanno un po' meglio, ma solo sino a quando non arriva il figlio di papà di turno al quale sei antipatico per un motivo x e che decide di renderti la vita impossibile. Nulla rileva che hai almeno 15 anni più di lui, che potresti insegnargli molte cose e che hai tutti i problemi che la vita familiare in un luogo che non è quello tuo di origine ti crea. Lui arriva col pulmino messo a disposizione dall'amm.ne (gratis) vive in un appartamento in centro (gratis) va alla partita (gratis) va al cinema (gratis) e quando deve sbrigare i suoi affari si fa accompagnare dall'autista. Ovviamente non può capire che noi, invece, non abbiamo nulla gratis, sopratutto se siamo persone oneste. Ho visto persone trasferite in un paese distante 50km dal precedente reparto, perchè la futura moglie lavorava in un'agenzia di assicurazioni di una grande città e scattava l'incompatibilità. Ma con cosa? Il malcapitato collega ha dovuto gradire un reparto a 50km di distanza per non farsi sbattere a capo passero "testuali parole" dopo aver acquistato casa nella grande città, con sforzi e mutui. Potrei continuare per ore. Vi racconto soltanto un'altra storia. Il maresciallo maggiore (all'epoca si chiamava così) bussa alla porta del capitano (suo paricorso da sottufficiale) ed entra. Costui (che personalmente ritengo una sorta di malvagio lucifero in divisa) urlando e facendolo sentire a tutti i presenti l'ha cacciato dalla stanza poichè non gli aveva detto avanti e pertanto di provare a bussare nuovamente. Il collega con gli occhi bassi ha bussato ma non ha ottenuto risposta, al che è andato via mesto. E' morto d'infarto dopo una settimana. Rivolgo a lui un pensiero. Legga c1 e guardi cosa comanda. Io provo un po' di vergogna, spero che lo faccia anche lei.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mortificazioni personali e professionali ,

corsi di formazione inadeguati

MESSAGGIO N. 24

serluck, mercoledì 22 novembre 2006 alle 14.53.49

TESTO

Io posso portare il mio esempio, ho riversato tutta la mia voglia di fare impegnandomi con la mia famiglia e mettendo la G. di F. in un secondo piano, anche se comunque le angherie subite in 20 anni di servizio mi sono costate la salute (ipertensione da stress, colite spastica di origine psicosomatica e altre malattie ). Fermo restando che forse quello che mi fa' continuare ad andare avanti non è certo la G.di F. ma l'amore per la mia famiglia, e comunque non darei mai la soddisfazione di togliermi la vita a chi non fa altro che pensare alla sua carriera giocando sulla pelle degli altri !!!!!! 

 
 
 
Mortificazioni professionali e personali
MESSAGGIO N. 25

katmar, mercoledì 22 novembre 2006 alle 14.57.12

TESTO

L'ipocrisia aleggia sovrana, la falsità ci tiene compagnia nell'arco di tutti i turni di servizio, il malcontento è nell'aria, la fatica di tirare fine mese con i conti che incombono e la macchina che sempre più vecchia non ne può più. Tua moglie, poverina anche lei perchè ti sta accanto abbisogna di non sentirsi anche lei fallita, non ti puoi confidare con i colleghi ed in più il tuo Comandante è un inetto che pensa solo alle famose 55 ore, lui può e tu no! In Compagnia e al Provinciale sta bene così ma se poi ti metti a rapporto e dici i tuoi problemi anche il generale se ne fot..!! Poi il collega si punta la 92 alla tempia e preme il grilletto: zac tutto è finito...... tutti piangono e i problemi restano ma perlomeno non riguardano più la gdf ma solo i familiari superstiti..... meditate .......

 
 
 
Indifferenza dei colleghi e dei superiori
MESSAGGIO N. 26

eco, mercoledì 22 novembre 2006 alle 15.28.52

TESTO

Non credo che che questa lunga catena sia da attribuire, per quanto verissime le motivazioni di "aris 31", alla realtà del Corpo. La depressione, mancanza di autostima e forse il sentirsi inadeguati per certe responsabilità....... non è causa di gesti estremi solamente per i militari del Corpo. Ne soffrono bambini, giovani, anziani, casalinghe, manager, operai........ Secondo me Speciale è da encomiare per aver accettato ufficialmente questa realtà. Perchè questi problemi, come tanti altri, la superiore gerarchia tende sempre a sminuirli e a non considerarli problemi.

 
 
 
Istanza tra amministrazione e militari
MESSAGGIO N. 27

sfsafsa, mercoledì 22 novembre 2006 alle 18.21.32

TESTO

se ti chiudono in una garitta e buttano la chiave, se devi continuamente subire soprusi dai soliti raccomandati, se ogni volta che cerchi di emergere qualcuno ti mette sempre lo zampino contro per farti rimanere tra le larve, è normale che prima o poi ti senti un fallito.........

 
 
Raccomandazioni
MESSAGGIO N. 28 

kilo, mercoledì 22 novembre 2006 alle 18.29.08

TESTO

Il disagio, stato d’animo che opprime l’uomo, trova origine, a mio modesto avviso, nella perdita dei valori e nelle contraddizioni del nostro tempo.  
Una volta bastava stringere una mano per prendere un impegno solenne; oggi nemmeno un contratto blindato convince il malintenzionato ad assolvere i suoi obblighi.  
I falsi valori e la ricerca di una ricchezza immediata costituiscono per taluni la forza per sopraffare il prossimo e per altri le cause del malessere.  
Oggi viene premiato chi ha e chi ottiene, magari a discapito degli altri.  
Pecunia non olet, dicevano i latini.  
Non è facile assistere, giorno dopo giorno, al crescente disprezzo delle norme civiche (e non solo di quelle).  
A maggior ragione non è facile per chi, come gli appartenenti al Corpo, dovrebbero svolgere un ruolo importante nella società. Ruolo che, invece, a causa di molteplici fattori, non so fino a che punto casuali o causali, viene sempre più ridimensionato, al punto che, qualcuno, può arrivare a sentirsi addirittura inutile, quantomeno nel contesto professionale.  
Qui, ritengo, vanno ricercate le cause del disagio che attanaglia il personale. Disagio che emerge con i suoi segnali sempre più forti, il cui apice si sostanzia nel drammatico gesto del suicidio.  
L’assenza di sensibilità, la continua ricerca ai personalissimi obiettivi – talvolta mascherati da esigenze istituzionali – allontanano il dirigente dagli operai, l’ufficiale dai subalterni.  
Ora il Generale Roberto Speciale vuole costituire un gruppo di lavoro affinché possano essere raccolti i dati ed analizzate le loro relazioni.  
Progetto nobile ma, ahimè, ai miei occhi non molto utile. Non credo sia necessaria una task force. Credo invece che anche questo forum costituisca un valido mezzo per cogliere i prodromi del “misterioso” malessere che attanaglia il personale.  
Basta altresì osservare i numeri: quanti giovani e bravi ufficiali hanno lasciato il Corpo? Quanti meno giovani lasciano il servizio perché inidonei al servizio per patologie legate all’umore ?  
È possibile che pur dopo diversi anni il Comando Generale non abbia colto questi segnali.  
Se ciò dovesse corrispondere al vero ci sarebbe di che vergognarsi. Ma sarebbe vergogna ancor più grave constatare che i segnali sono giunti regolarmente a Roma e nulla è stato fatto in concreto.  
Io non sono uno psicologo né ho mai letto trattati in materia, però ho capito in tempo la mia situazione… ho perduto il lavoro a cui tenevo tanto… ma ho liberato l’uomo che stava dentro la divisa.  
Uniforme che, secondo i giovani ideali, avrebbe dovuto darmi la forza per assolvere con puntualità i doveri insiti alla funzione. Forza che è venuta meno negli anni, demolita giorno dopo giorno dai continui assalti delle cronache che enfatizzavano i lati meno esaltanti del Corpo: i corrotti; dalle regole sempre più vittoriosamente disattese dai furbi e dai continui condoni ed indulti (sempre più lontani ai bisogni della società civile) emanati (o meglio disposti) da una classe politica dalla quale non mi sento rappresentato.  
Chi di noi non ha visto vanificare i propri sforzi (personalissimi e talvolta ridicolizzati) sostenuti nell’espletamento del servizio per sopperire le lacune organizzative e le carenze di mezzi.  
Chi di noi, osservando i “poveri” che riscuotevano le provvidenze, non si è lamentato in occasione delle spese sostenute per l’invio dei propri figlioli alla scuola (ove vi giungevano con i mezzi pubblici e non il Mercedes sui quali sedevano i figli dei poveri).  
Saluti.  
 
P.S.  
Caro Ulisse,  
avere problemi logistici, carenze di mezzi e/o di personale, è un grave fardello per un comandante. Però, non costituisce patente per commettere falsità facendo apparire attività e risultati mai conseguiti. Ancor meno lo giustifica nei comportamenti vessatori nei confronti dei militari subordinati (volutamente, non utilizzo il pessimo sostantivo inferiori).  
Anzi, ritengo che il superiore dovrebbe partecipare alla gerarchia, con puntualità e per iscritto, la situazione del proprio reparto affinché possa essere interrotta la catena di montaggio dedita alla moltiplicazione empirica delle attività e dei risultati.  
Ritengo infatti che siffatti comportanti, da un lato, agevolino i malintenzionati ed i loro possibili comportamenti illeciti, e dall’altro costituiscano causa di profondo disagio per coloro che indossano la divisa con onore e rettitudine.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Pressioni da parte dei superiori per il raggiungimento degli obiettivi 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Mortificazioni professionali

MESSAGGIO N. 29

Seneca, mercoledì 22 novembre 2006 alle 19.25.55

TESTO

Davvero avevamo bisogno di leggere questa notizia sui quotidiani, per renderci conto di quello che succede? Il malessere dilaga tra il personale appartenente al Corpo e sono decenni che la situazione tende all'implosione.  
A volte basta solo guardarsi nel mondo circostante (quello vero) e notare l'abisso che ci separa. Se questa distorsione spazio-temporale è insita nel personale non direttivo, la situazione si accentua pericolosamente tra il personale direttivo, sempre più autoreferenziale ed attento alla propria carriera, incurante spesso delle proprie funzioni e responsabilità di comando che presuppongono una seria ed attenta gestione del personale.  
Tempo fa avevo segnalato questo pericolo al Presidente di FCS, soprattutto sulla situazione esplosiva in alcuni reparti del sud, ma non avuto nessuna risposta: anche tra di noi c'é differenza tra centro e periferia?

 
 
 
 
Distanza tra amministrazione e dipendenti
MESSAGGIO N.30

kilo, mercoledì 22 novembre 2006 alle 20.51.22

TESTO

Caro Eco  
in sintesi ho solo detto che, a mio modesto avviso, gli appartenenti al Corpo - in quanto preposti (militari) alla salvaguardia delle norme tributarie ed a tutela dell'economia - soffrono, più di altri, le ingiustizie impunite e le contraddizioni del nostro tempo legate al "dio denaro".  
Per quanto attiene il gesto estremo del suicidio, cui sono pervenuti drammaticamente i colleghi che non hanno trovato o visto altra via d'uscita, ritengo che lo status sia stata una concausa, in taluni casi determinante e/o scatenante, colposamente agevolata dalla notevole distanza esistente tra la classe dirigente ed i lavoratori (ergo ufficiali e subordinati).  
Dopo tanta sofferenza, ritengo di essere stato fortunato a riuscire a liberare l'uomo nel momento in cui tutto sembrava perduto

 
 
 
 
 
Distanza tra amministrazione e dipendenti
MESSAGGIO N. 31

toto, mercoledì 22 novembre 2006 alle 22.24.43

TESTO

condivido pienamente quanto descritto da aris 31.  
purtroppo non riesco ad aggiungere altro perchè non trovo le parole adatte, per descrivere il mio stato d 'animo, nei confronti dei nostri "amati" UFFICIALI SUPERIORI che hanno tanto a cuore i nostri problemi solo se accompagnata da una raccomandazione.  
Coraggio la giustizia è divina.

 
 
 
Distanza tra superiori e militari
MESSAGGIO N. 32

pacman, mercoledì 22 novembre 2006 alle 22.46.41

TESTO

anche nel mio reparto c'è stato un tentativo di suicidio, dovuto a maltrattamenti psicologici da parte del c.te del reparto e da una cerchia di suoi adepti, fortunatamente non conclusosi. ma per il c.te del reparto e tutti i suoi Ufficiali superiori sembra essere stata una cosa normale tanto che la settimana dopo quel gesto si sono ritrovati a banchettare tutti insieme dimenticandosi dei problemi che sono dietro la porta. nessuno di questi va mai a casa del povero collega il quale non è rientrato e non so quando rientrerà. il c.te del reparto continua con soprusi e maltrattamenti nei confronti del 90% dei militari alle sue dipendenze. ad un nostra lamentela del tipo "ma deve succedere un altro fatto come quello di......ci è stato risposto "...tanto non ha avuto le palle sino in fondo lui, figuriamoci voi....." e questo sarebbe un comandante.

 
 
 
Mortificazioni personali e professionali
MESSAGGIO N. 33

amico fritz, mercoledì 22 novembre 2006 alle 23.19.19

TESTO

Allora secondo me non si deve partire dal presupposto che la Guardia di Finanza sia malata e per questo alcuni colleghi si sono tolti la vita, non è questo il motivo.E' da prendere in considerazione però una cosa che nessuno di chi doveva "sorvegliare" se ne sia accorto. Dunque, il problema va ricercato sia nel personale sia nel ruolo dirigenziale.  
Il fallimento di tutto ciò se partiamo e diciamo che il problema esiste nella Guardia di Finanza è ad esclusiva colpa del ruolo dirigenziale. Sfido chiunque a trovare un Ufficiale che prima di detti " suicidi" abbia quantomeno avvicinato o scritto a chi di competenza il disagio psicologico del militare poi suicida, non lo ha fatto nessuno, tutti sono caduti dalle nuvole, tutti!!!  
Questo perchè il solo denunciare da parte di un ufficiale ad un suo superiore significa che l'azione di comando di detto ufficiale sta fallendo; pertanto meglio non sapere e non vedere che denunciare.  
Meglio dare colpa al fallimento di un fidanzamento che il disagio nel mondo del lavoro, meglio dire che il collega era pieno di cambiali che non poteva pagare che il totale fallimento, l'assenza totale del "padre di famiglia" che dovrebbe essere il Comandante di quel militare.Lo psicologo è bene portarlo nelle caserme ma prima dovrebbero gli allievi ufficiali fare dei corsi di psicologia come si impartiscono lezioni negli USA ai futuri dirigenti d'azienda. Tutto ciò nella nostra amata GDF purtroppo non esiste. Esiste solo tanta omertà che porta ad alcuni a rimanere soli e quindi al suicidio.

 
 
 
 
 
Mortificazioni personali e professionali e indifferenza dei superiori verso i militari
MESSAGGIO N. 34

ulisse, mercoledì 22 novembre 2006 alle 23.21.32

TESTO

Cari amici e colleghi, premesso che in Italia ogni anno si suicidano circa 5000 persone (la media parla di 8 morti suicidi ogni mille abitanti) e che, come giustamente ha scritto Elfer ed Eco, non penso sia solo per problemi con la nostra amministrazione che si possa commettere tale insulso gesto che se da un lato evidenzia un grande coraggio, dall'altro evidenzia una vigliaccheria nel non voler affrontare il problema, pensando egoisticamente che "morto io, morti i problemi" senza pensare ai problemi affettivi, economici, psicologici che si vanno a creare nei congiunti che restano, voglio esternare alcune considerazioni. In quasi tutti i post, sembra che l'orco cattivo che porta, facilita, conduce a tale gesto, sia il "COMANDANTE", possibilmente della categoria "UFFICIALI"! Vi siete chiesti (io lo ho fatto) NOI sotruppa, come ci comportiamo nei confronti dei colleghi che evidenziano problemi??? sembra pacifico che un collega, prima di arrivare al gesto estremo, evidenzia un certo disagio, più o meno grave, più o meno latente ed evidente. Disagi che, in primis NOI che siamo più a contatto con il soggetto dovremmo rilevare e cercare in qualche modo di alleviare, di aiutarlo a superarlo, magari, anche solo offrendo il nostro ascolto....ed invece cosa facciamo??? cerchiamo se possibile di schivarlo, di non volerlo in pattuglia perchè "potrebbe creare problemi", di isolarlo ancora di più, di fargli pesare (specie nei casi in cui il collega avvilito si presta all'utilizzo di alcolici - succede quasi sempre -) il suo stato di "diverso" se non arrivando al punto di schernirlo o - ancora peggio - invitarlo a bere ancora di più così dopo "ci si diverte" a vedere gli strafalcioni che dice e fa!!! Sto dicendo eresie, sto raccontando fantascienza, sono diventato pazzo anch'io???? Non credo, e chiunque di noi facendosi un piccolo esame di coscienza (specie quei colleghi che hanno avuto nel proprio reparto casi di suicidi...) può in cuor suo chiedersi l'apporto fornito in tali casi.....quasi sempre pari a ZERO!!! Quindi, viene facile, anche per un problema di zittire la propria coscienza, addossare la colpa al "superiore", al "Comandante", tanto oggi è di moda, qualsiasi cosa non funziona nella nostra Amministrazione, la colpa è del "Comandante".... certo, avranno le loro colpe, ma in misura non certamente superiore a quelle dei colleghi che erano più vicino e soprattutto più numerosi del "Comandante" al collega e che, sicuramente potevano fare qualcosa e che non lo hanno fatto. Ulisse

 
 
 
 
 
 
 
Indifferenza dei colleghi
MESSAGGIO N. 35

amico fritz, mercoledì 22 novembre 2006 alle 23.26.25

TESTO

ma se i colleghi non vengono sentiti o ascoltati dai superiori che cosa possono fare? L'azione di comando non è dei subalterni ma della superiori gerarchia. Allora dovremmo metterlo per iscritto e poi in casi estremi come un gesto di suicidio proporre le relazioni non alla superiore gerarchia ma al'A.G. competente che aprirà in caso un fascicolo mod.44 all'inizio e poi (ci spero!!) mod. 21.  
Però se qualcuno lo facesse sarebbe un infame.....insomma come la fai la sbagli intanto il collega è morto!!!!  
La colpa è della superiore gerarchia nella maniera più assoluta!!!!  
Punto.

 
 
 
 
Indifferenza dei superiori verso  i militari
MESSAGGIO N. 36

peppe, mercoledì 22 novembre 2006 alle 23.52.58

TESTO

Apprezzo vivamente quanto detto dal Generale Speciale ma per rendersi conto del malessere che esiste nel nostro corpo basta uscire dal Comando Generale e andare a vedere le realtà che ci sono in giro per l'Italia. Situazioni logistiche precarie, mancanza di fondi per garantire lo svolgimento del servizio, sono problemi gravi, ma che il personale potrebbe sopportare, se vedesse interesse da parte dei superiori allo svolgimento del servizio, ma nella realtà ci si rende conto che i nostri comandanti, si dimenticano molto spesso di essere appartenenti ad una forza di polizia e pensano più ad avere il Bmw per andare in giro, a farsi rifare l'ufficio in quanto non possono mica stare nello stesso ufficio dove è stato il vecchio comandante!!! Fino a quando ufficiali di vertice continueranno con questo atteggiamento, di distacco nei confronti del personale e del servizio, per pensare solo alla loro carriera, al loro ufficio ed alla loro auto, è ovvio che il malumore serpeggi. A volte più che una gratificazione economica, al personale può bastare anche solo una stretta di mano sincera o un apprezzamento di quanto fatto da parte di chi lo comanda.  
Ma da noi purtroppo a differenza di quanto accade nei C.C. e soprattutto nella P.S. sembra che ci sia una divisione netta in due categorie: Ufficiali( a cui spetta tutto) e ALTRI, a cui i sigg. comandanti cercano spesso di mettere i bastoni tra le ruote, (si vedano le continue interpretazioni di norme in danno del personale che recano sicuramente malumore), certo ci sono anche tra i comandanti persone veramente degne del ruolo che ricoprono, ma a volte basta qualcuno messo nel posto sbagliato per far star male il personale. Il malumore nasce da lontano, si inizia nei corsi di formazione, durante i quali i colleghi delle forze di polizia sono liberi nel fine settimana, mentre noi in caserma a far spendere soldi dei contribuenti per il vitto, si continua con le assegnazioni fatte, almeno in passato e tranne per i soliti super raccomandati, con criteri tali da mettere in difficoltà il personale, problema enorme sono poi i trasferimenti, come è possibile che polizia e CC arrivano nei posti desiderati molti anni prima di noi??? Forse perchè questa seria problematica da loro viene gestita un po meglio!!! Basta poi aggiungere problematiche familiari a cui non viene dato il giusto rilievo da parte della nostra amministrazione ed il quadro è completo!!!  
Servono ancora altri motivi per indurre una persona fragile al suicidio????  
Io per fortuna non sono uno di quelli ma credo che prima o poi abbandonerò la nostra amata Finanza!!!

 
 
 
 
 
 
Indifferenza dei superiori verso i militari 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Mortificazioni personali e professionali

MESSAGGIO N. 37

Jonathan, giovedì 23 novembre 2006 alle 0.05.42

TESTO

Condivido quasi tutto quello che è stato fin qui esternato, aggiungo che nella G.di F. esiste la profonda convinzione che il Comando si esercita fuori dalle regole. Comandante e Padrone sono sinonimi assolutamente interscambiabili. E' chiaro che una amministrazione pubblica non può funzionare con questi presupposti, i suicidi sono tragicamente solo la punta di un iceberg di una disfunzione molto più ampia. Sarebbe utile ed interessante contare anche quanti in questi ultimi dieci anni sono stati prepensionati per malattia, in quali reparti svolgevano servizio e chi comandava in quei reparti.  
Il Comandante Generale ha scoperto che in finanza esiste il mobbing, bene, se davvero vuole limitarlo e ridurlo a numeri fisiologici c'è solo una cosa da fare: individuare e colpire (o forse sarebbe meglio curare) i mober.  
Il mober è una figura psicologicamente disturbata che si nasconde dietro il suo piccolo potere per dar sfogo ai propri istinti, al pari di un serialkiller, quindi, analogamente va ricercato, individuato e reso inoffensivo.  
Ovviamente in finanza è più difficile scovarlo perchè tutti sanno chi è il mober di turno, conoscono i danni che fa, che ha fatto e che continuerà a fare, lo sanno ma non parlano, perchè in finanza non si butta nulla, anche il mober può essere utile se usato bene.  
L'unico punto debole sono le tracce o meglio le macerie che si lascia dietro, rese sempre più evidenti dal tempo che passa.  
Alla fine anche il Comandante Generale sarà costretto a guardale ed intervenire energicamente prima che gli coprano anche la poltrona.  
Un sincero saluto ai caduti, alle vittime, alle loro famiglie, all'amministrazione che tanto danno ha subito da queste tristi vicende.

 
 
 
 
 
 
 
Mortificazioni personali e professionali
MESSAGGIO N. 38

leoncino, giovedì 23 novembre 2006 alle 0.48.21

TESTO

Ragazzi premetto che ho letto i vostri messaggi e devo dire che la situazione di malcontento che serpeggia tra finanzieri dei vari Reparti d'Italia è a dir poco "paurosa", un'incubo tanto assurdo quanto pazzesco perchè non poggia su fondamenti validi.  
Che motivo hanno i Comandanti a far star male il personale?  
Forse si hanno aumenti nella busta paga?  
Non bastavano i problemi legati al caro euro, la lontananza da casa e dai propri affetti, le malattie, la vita frenetica, i regolamenti obsoleti del Corpo completamente difformi dagli standard attuali di vita.  
No no bastavano!!!!  
Ci si mettono pure I Comandanti a imperare, si dico bene,imperare quasi fossimo nei secoli degli Imperatori che nutrivano poteri assoluti nei confronti dei loro sudditi.  
Nel mio Reparto, una piccola brigata, da qualche anno è cambiato il Comandante e c'è maggiore armonia tra il personale e devo ammettere che c'è democrazia scambio di idee e libere vedute e rispetto reciproco fermo restando i ruoli che la gerarchia impone.  
La cosa che non và è l'ambiente esterno con cui ci si confronta: trattasi di piccolo comune del sud ad alta densità mafiosa,con una media di 10 omicidi l'anno su una popolazione di 12.000 ab. con cui è difficile e impossibile venire a contatto;attenzione non perchè la gente non lo permette,anzi, ma si rischierebbe di violare regole e direttrici imposte dal nostro "status" e dai compiti istituzionali del Corpo.  
Adesso i chiedo alle alte Gerarchie,in primis al generale Speciale, del quale siamo anche "vicini di casa": perchè non esistono più i luoghi disagiati?  
Permettendo così al personale che presta servizio in questi luoghi di usufruire di agevolazioni nelle domande di trasferimento...  
Io ho solo 9 anni di servizio ma i miei colleghi piu' anziani mi dicono che prima questo sistema della "zona disagiata" in passato si attuava.  
Perchè ora non più?  
Chi lavora in belle cittadine che offrono validi servizi, soffre si la lontananza dagli affetti ma può costruirsi un futuro e crearsi una famiglia...chi viene mandato in un paese già piccolo e povero di per se poi estremamente malavitoso, guardate che è impossibile vivere, trattare con l gente, farsi una famiglia o rimanere chiuso in caserma aspettando di accumulare riposi per andare a casa! E' ancor più difficile se l'amministrazione ti abbandona e non si accorge neanche che ogni anno ti respinge la "domanda di trasferimento"...  
Il comandante i colleghi l'armonia detti prima sono validi elementi e menomale che riusciamo a crearli, altrimenti in un posto con questa situazione esterna, senza alcuna speranza di trasferimento, cosa si potrebbe sperare per il futuro? Un suicidio...no che Iddio ci illumini sempre!  
Mario

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Problemi con l’ambiente esterno ai reparti di impiego
MESSAGGIO N. 39

sciapiro, giovedì 23 novembre 2006 alle 1.28.49

TESTO

ma se per la visita di un comandante provinciale fanno mettere la giacca ai militari del Gico e Goa, che c'era un collega con quattro orecchini e la giacca di quando si è sposato, cosa ne sa il comandante generale della realtà in cui viviamo?  
se prima di fargli visitare il garage spostiamo tutte le macchine, se chiudiamo i cestini colmi nei bagni e spostiamo con il piede i batuffoli di polvere sotto le scrivanie, cosa può saperne lui?  
quanta gente al comando generale anela un trasferimento?  
chi glielo deve dire che siamo alla frutta?

 
 
 
 
Difficoltà nei trasferimenti
MESSAGGIO N. 40

serluck, giovedì 23 novembre 2006 alle 8.59.42

TESTO

Sicuramente fa' scalpore la notizia dei suicidi (quelle che si sanno) dei colleghi, ma farebbe ancora più scalpore la notizia di quanti colleghi muoiono a causa di malattie riconducibili allo stress e alle angherie subite per anni nel nostro ambiente.  
La colpa non è sicuramente tutta da computare agli ufficiali, ma una buona parte va certamente alla loro incompetenza, alla loro impreparazione e alla loro poco umanità con i subalterni.  
In Polizia e nei CC non cambia molto la minestra, e allora come mai non succedono questi " fenomeni" ?  
Credete a me ve lo posso dire in prima persona, basta un com.te ignorante, arrogante e presuntoso per sfasciare un reparto !!!!!!

 
 
 
 
 
 
Mortificazioni personali e professionali
MESSAGGIO N. 41

abatebusoni, giovedì 23 novembre 2006 alle 12.06.56

TESTO

Non è facile spiegare il motivo per cui un giovane finanziere decide di togliersi la vita. Ci saranno sicuramente tante cause e concause difficili da individuare, tra cui un tessuto emotivo e caratteriale precario. Soggetti fragili, così vengono chiamati coloro che si tolgono la vita. Li liquidano con poche parole, e se poi si scopre che assumevano farmaci ansiolitici o antidepressivi oppure ancora che frequentavano uno psicoterapeuta il cerchio è chiuso, e questo mette al riparo chiunque dall’essere additato come corresponsabile di quel gesto estremo (datore di lavoro, coniuge, figli). Era depresso quindi erano solo fatti suoi, io non c’entro nulla. Troppo facile pensarla in questo modo. Se è vero che un soggetto con problemi psicologici gravi quali la depressione ha maggiore possibilità di pensare al suicidio come soluzione al suo male, è anche vero che a quel livello di patologia ci si arriva per gradi e che qualcuno nel frattempo nella migliore delle ipotesi ha sottovalutato il problema, nella maggiore se ne è fregato. Al gesto estremo, dicevo, ci si arriva per gradi, partendo da una semplice e banale crisi d’ansia, passando per attacchi di panico e fobie, fino ad arrivare allo stato depressivo grave. E’ un percorso scientificamente provato. Oggi queste patologie, nei diversi stadi, vengono trattate con successo abbinando terapie cognitivo-comportamentali a terapie farmacologiche. I farmaci sono efficaci e non producono assuefazione o tossicità. Una persona che avverte disturbi di questo tipo ha tutti i mezzi per venirne fuori a condizioni che non venga giudicato come psicolabile e venga invece aiutato, capito e guidato verso la giusta terapia. La sanità militare deve prendere atto che questi disturbi non sono irreversibilmente invalidanti a patto che vengano trattati con tempestività e con i giusti mezzi. Dalla depressione si può guarire e si guarisce. Non si può giudicare un militare “definitivamente non idoneo al servizio” solo perché affetto da una sindrome ansioso-depressiva piuttosto che fobica. Forse questo sarebbe il primo punto da affrontare: la paura del militare di comunicare questi disturbi . In secondo luogo bisogna prendere atto che il datore di lavoro, nel nostro caso il comandante di reparto, ha le responsabilità maggiori nel vigilare sul benessere del personale. La legge impone alla parte datoriale precisi obblighi sulla sicurezza nell’ambito lavorativo, sicurezza che scaturisce non solo da una corretta osservanza delle regole che disciplinano l’ambiente di lavoro fisico, ma anche da altre regole che sanciscono la serenità ambientale. Il militare lavoratore ha diritto ad essere trattato dignitosamente, senza soprusi e accanimenti da parte di chi lo dirige, ha diritto ad essere tutelato da minacce esterne (come può accadere a noi che svolgiamo attività investigativa), ha diritto ad una parità di trattamento nella progressione di carriera, nei trasferimenti, nei turni di servizio, ha diritto di conoscere il futuro dell’amministrazione di cui fa parte a maggior ragione quando voci ricorrenti risultano in questo senso ambigue e allarmanti, e soprattutto ha diritto alla salute. E’ superfluo ricordare che il diritto non è una concessione ma qualcosa che spetta per legge. Chi sono le persone che devono garantire questi diritti? Sono le stesse che di fatto li negano. Sono i comandanti di reparto, che decidono i turni di servizio in base a simpatie e antipatie personali, che giudicano i militari con criteri che nulla hanno a che fare con la preparazione e con il rendimento in servizio. E’ capitato che ad alcuni colleghi sia stato abbassato il giudizio caratteristico sol perché nel corso dell’anno si erano assentati per malattia. Dov’è in questo caso il diritto alla salute? Diritto costituzionalmente garantito; diritto inalienabile. Nelle aziende i dirigenti monitorano mensilmente i flussi di cassa e gli indici di bilancio mentre nei nostri reparti gli ufficiali monitorano i giorni di malattia del personale, e per fare questo, che non rientra nei compiti di un comandante di reparto, vengono impiegate risorse pubbliche sia in termini di personale che in termini di materiali utilizzati. Occorre sempre alitare sul collo del personale, farlo sentire in difetto soprattutto quando rivendica i propri diritti. E che dire poi dei concorsi interni? Del senso di frustrazione e di impotenza che si avverte quando si viene a sapere che alcuni concorrenti posseggono, ancor prima dell’esame, le soluzioni dei test? Della rabbia che monta quando dopo aver fatto l’accesso agli atti amministrativi si constata che la correzione degli elaborati ha manifestato abuso di potere e disparità di trattamento? Delle spese che vengono sostenute per i ricorsi? Delle battaglie contro i mulini a vento? E intanto colleghi mediocri di 7 o 8 corsi successivi al tuo guadagnano prima il grado.  
Già, il grado, quel pezzo metallico apparentemente insignificante. Che differenza può fare essere vicebrigadiere invece che appuntato? Oppure maresciallo aiutante piuttosto che maresciallo capo? Apparentemente nessuna differenza, ma nella realtà ci sono quei 50 euro mensili in più che per molte delle nostre famiglie monoreddito, magari residenti al nord, fanno una differenza notevole. E quando si scopre che quei 50 euro vengono negati perché non è stata attivata una raccomandazione, la sfiducia, la rabbia e la frustrazione prendono il sopravvento. E’ l’ingiustizia, o meglio, la negazione dei diritti che deprime.  
E i trasferimenti? Davvero occorre la laurea per poter andare prima vicino casa? Cosa c’entra la laurea con il trasferimento? Capisco che una laurea serva nel momento in cui si vuole ricoprire una mansione superiore, ma quando si chiede semplicemente di andare vicino casa, esercitando le stesse mansioni, cosa c’entra il titolo di studio? Non si dovrebbe invece dare maggiore attenzione agli anni di servizio? Al numero dei figli? Al periodo in cui si è stati nell’ultimo reparto? Al pendolarismo? Ma chi prende queste decisioni sui punteggi da attribuire alle graduatorie dei trasferimenti? Ma dov’era il Cocer mentre veniva deciso tutto questo?  
E’ innegabile che tali situazioni possono essere affrontate diversamente da soggetti diversi, è anche innegabile che esse stesse siano di grado sufficiente per determinare reazioni estreme in chi ha un tessuto emotivo precario.  
Credo che quanto ho scritto basti per capire che le cause scatenanti di disagi emotivi nel nostro ambiente lavorativo, più che in altri, sono presenti, ed incidono significativamente sul morale dei militari. Queste cause, caro generale, sono sempre e solo afferenti a DIRITTI NEGATI, per questo mi viene da sorridere quando apprendo dei corsi che dovrebbero frequentare i comandanti di reparto, giacchè sono essi stessi che negano quei diritti e generano frustrazioni.  
Un’ultima cosa: vedo che il post è risultato di forte interesse a giudicare dal numero di volte che è stato letto, e a giudicare dagli interventi che sono stati fatti. Sicuramente è stato letto anche da molti comandanti di reparto. La domanda che mi pongo è questa: possibile che nessun comandante abbia sentito l’obbligo di intervenire? Meditate cari colleghi, meditate….  
Saluti

 
 
 
 
 
 
 
 
Mancanza di aiuti da personale qualificato 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Mortificazioni personali e professionali 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Raccomandazioni, trasferimenti difficili

MESSAGGIO N. 42

Atos, giovedì 23 novembre 2006 alle 14.37.38

TESTO

La breccia si sta aprendo ed è nostro compito affinché venga sfondata quella testuggine che è la categoria ufficiali.  
Si badi bene. Ho avuto la fortuna di collaborare con COLLEGHI (perché questo sono) che è un piacere definire SIGNORI UFFICIALI ma purtroppo, ripeto, bisogna essere fortunati.  
Auspico soltanto che anche loro siano considerati uomini e, in quanto tali, fallibili. L’ignoranza, l’arroganza, la strafottenza, la cattiveria che alberga in molti rappresentanti della categoria DEVE essere perseguita, così come sarebbe certamente perseguito un PEISAF ignorante, arrogante, strafottente e cattivo.  
Secondo me è questo il nocciolo del discorso: l’immunità di cui gode la categoria ufficiali DEVE FINIRE e se un generale deve punire un colonnello, o se un colonnello deve sanzionare un tenente colonnello, o se un maggiore deve riprendere un capitano, DEVE farlo.  
Ci stiamo smembrando perché stiamo assistendo alla completa scissione degli ufficiali con il resto del Corpo, come una testa senza gambe. Non mi sembra che in PS e CC esista una situazione analoga.  
Di imbelli in GDF ce ne sono tanti, in QUALSIASI categoria, ma se questo è un ufficiale i danni che può creare – sia in senso istituzionale e nel servizio che nei confronti del personale – possono essere enormi.  
Ho avuto la sfortuna di incrociare ufficiali che sono dei veri e propri DANNI ERARIALI, taluno dei quali ha anche lasciato il segno nei miei atti matricolari.  
Per raggiungere uno scopo bisogna inquadrarlo bene, centrarlo e perseguirlo e quanto ho scritto dovrebbe animare gli intenti di coloro i quali vogliono ancora bene alla GDF e possono far qualcosa per salvarla.  
Se qualcuno può fare qualcosa, questo è il C1 e chi gli sta vicino. Speriamo bene.

 
 
 
 
 
 
Mortificazioni personali e professionali
MESSAGGIO N. 43

nessuno, giovedì 23 novembre 2006 alle 14.39.02

TESTO

ho ritrovato una cosa che è girata per un po' sul web. Potrebbe rappresentare uno spaccato del perchè di tanti suicidi.  
STORIE DI MILITARI  
Un amico, su un forum, mi ha raccontato questa storia :  
Il mio nome non è Bilal ( Bilal è il nome usato dal giornalista Fabrizio Gatti dell’Espresso che si è fatto fermare dai carabinieri a Lampedusa ed ha raccontato delle angherie commesse nel cpt dell’isola – vedi articolo successivo a questo “ il Brigadiere mussolini della 1^ Brigata mobile” .. Sono passati più di dieci anni, ma mi ricordo tutto: situazioni, angherie, gradi, nomi e cognomi. I cognomi saranno accorciati per non correre pericoli, ma tutto il resto corrisponde esattamente alla realtà vissuta da me e da tanti che, come me hanno frequentato un corso d’istruzione alla Scuola finanzieri o a quella sottufficiali. Parlerò di ogni cosa che ricordo al tempo presente, come se stesse accadendo in questo preciso momento, anche se si tratta di immagini registrate nella memoria.  
Sono arrivato alla scuola che si trova in una caserma e dopo avermi assegnato alla ? compagnia mi sono messo in fila. C’è un appuntato campano Scarpa che ci ritira i documenti e ci vende tre catenacci da utilizzare per l’armadietto. Ogni catenaccio costa 5000 lire, per cui dobbiamo dargli 15.000 lire. Io gli faccio presente che ho già due catenacci e vorrei comperarne soltanto uno. Lui mi dice che devono essere tutti uguali per uniformità, gli rispondo che anche i miei sono marca viro e della stessa misura, per cui sono identici. Mi ripete con disprezzo che devono essere tutti uguali e che devo necessariamente comprarne tre, punto e basta.  
Siamo in fila per prendere il vestiario, uno di dice: “mi scusi mi ha dato una taglia di camice che non corrisponde affatto alla mia” la risposta e chiara: “da oggi si dice comandi signorsi e non si rompono i coglioni a nessuno e per farvi capire meglio la cosa adesso fate trenta pompate”.  
La prima sera ci portano in aula per spiegarci come funziona la scuola, il tenente Tolu e i sottotenenti di complemento si mostrano particolarmente gentili, la mia prima impressione sembra errata, mi dico, mi accorgerò tra poco di essermi sbagliato, ma non come credevo io! Mentre usciamo dall’aula chiedo al sottotenente di complemento Co se posso dormire nel letto di sopra, visto essendo alto nel letto di sotto della cuccetta non ci sto proprio. La risposta è chiara: Urlandomi a squarciagola in faccia, mentre sono sull’attenti mi dice: “che cazzo si è messo in testa di essere in albergo? Non si permetta mai più di rivolgermi la parola, è chiaro? E adesso se ne vada la sua faccia non la voglio vedere mai più. Viaaaa!!!”  
Il contrappello è previsto per regolamento per le ore 10.45, sono le 00.30, ma stiamo ancora correndo sul posto nei corridoi, con ogni genere di epiteti che ci viene gridato da chiunque indossi una divisa, noi siamo in mimetica. Alle 00.45 ci fanno andare a letto. Mentre stiamo per dormire ci buttano letteralmente giù dalle brande e pronti in 5 minuti. Ci portano a fare attenti e riposo in piazza d’armi mentre ci sono circa 4 gradi centigradi. Dopo mezzora torniamo nelle camerate e troviamo tutti i letti disfatti, le coperte per terra, le lenzuola per terra con tracce di anfibi che ci hanno camminato sopra. Rifacciamo il letto in pochi minuti e ci mettiamo a letto. Passano soltanto 10 minuti e la storia si ripete, ci fanno rivestire in tutta fretta e ci portano di nuovo in piazza d’armi. Ancora mezzora e torniamo di nuovo dentro. Questa volta la situazione è peggiore di quella di mezzora prima. Il corridoio è pieno di lenzuola tutte annodate, ci sono pigiami e pantofole scaraventate ovunque, le brande sono in mezzo alla stanza e annodate con i pigiami, i cuscini per terra. Abbiamo soltanto 10 minuti per trovare nel trambusto un pigiama e per trovare un paio di lenzuola tra il corridoio, indossare quello che troviamo, non interessa di chi fosse e di quale taglia e metterci a letto, dopo ovviamente aver messo tutte le brande in posizione originaria. Non so che ore sono, so soltanto che mi sento umiliato e senza forze.  
Sono le 6.15 siamo stati svegliati con urla indemoniate e costretti ad aprire la finestra, fuori c’è nebbia e ci saranno almeno -2 gradi, si muore dal freddo e dalla finestra entra un vento che è eufemismo definire gelido, il Brig. Iaco dice: “e non chiudete quella cazzo di finestra che vi inculo, non me ne frega un cazzo del freddo, se non vi sta bene tornatevene in mezzo alle coscie della mammina”. Per completezza ricordo che l’acqua dei rubinetti e soltanto fredda (gelida) e ci si lava e veste con le finestre aperte.  
In piazza d’armi vedo un ragazzo che ho conosciuto in treno la settimana prima. Sta andando via, più tardi saprò che gli hanno vietato un permesso per andare al capezzale della madre, operata. Un Brigadiere della sua compagnia lo porta verso l’uscita. Il Brig. Iaco urla: “guardatelo bene e prendete esempio, se non avete le palle fate come lui andatevene via, qui vogliamo solo gente cazzuta. Non ne vogliamo stronzetti che fanno gne gne”.  
I giorni trascorrono tra aula, dove dovremo stare attenti ed imparare le materie che saranno il nostro lavoro, io ho volontà come molti, studio e mi impegno, ma ci massacrano fisicamente, rendendo l’aula un semplice complemento alla vessazione ed all’addestramento formale tipico di un C.A.R. dell’esercito.  
Un giorno in aula si presenta un assicuratore dell’INA Assitalia. Ci dice di essere un ex Colonnello, più tardi saprò che era il terrore di una delle scuole allievi finanzieri, fatto congedare per non meglio chiari traffici. Costui il colonnello Fi, dapprima ci spiega con arroganza che dobbiamo stipulare questo contratto di assicurazione perché necessario per il tipo di lavoro che facciamo, dopo un po’ ci minaccia di dire al nostro comandante che ci siamo rifiutati di stipulare la polizza. Io ho lavorato come subagente Unipol e so che la polizza non è per niente conveniente. Riesco a non stipularla. Altri si lasciano spaventare (molti sono spaventati a morte, sono ragazzi poco più che ventenni) e stipulano la polizza tra le minacce di Fi ed i suoi sguardi misti a odio e disprezzo. Dopo che molti hanno stipulato la polizza il S.Ten Col dice che non era obbligatoria. Come dice Proietti “ oramai..”.  
Tra angherie varie si arriva al campo, sembra di essere tornati indietro di cento anni in mezzo alle montagne a mangiare roba che sa di petrolio. Un giorno siamo in marcia e siccome la colazione non era ancora preparata il nostro capitano Pie ci fa partire senza mangiare. Verso le quattro del pomeriggio senza toccare cibo siamo ancora lontani, il prode capitano parla con il comandante della scuola via radio, spiegandogli che non torniamo, ma andiamo a mangiare in qualche ristorante tra le montagne, dice con la sua errrre moscia, le testuali parole del tenente colonnello Nen sono: “dove cazzo lo trovi un ristorante tra le montagne, bischero! Torna subito dentro!!!” e ragazzi stavolta gli è andata male, ci voleva scroccare l’ennesimo pranzo o cena, o forse gli è andata bene, perché in un’altra occasione un allievo è svenuto ed è caduto in una sorta di scarpata o qualcosa del genere lasciandoci la pelle, ovviamente non si è mai saputo chiaramente come e cosa è successo, ma si sa…. il segreto militare.  
Il corso sta per finire e bisogna fare obbligatoriamente il regalo a tutti coloro che per mesi ci hanno trattati in maniera disumana, umiliandoci ad ogni con ogni profanazione della loro volontà che fosse gesto, sguardo o parola. Dopo un po’ di rimostranze quasi tutti pagano, ma io ed altri cinque non vogliamo subire l’ennesima angheria. Il brigadiere Iaco, sempre lui il toscanaccio, ci fa capire con le cattive che se non mettiamo la nostra bella cifretta ci fa piangere sangue amaro e c’è pericolo che il voto caratteristico sia così basso da perdere il corso (minaccia di una male ingiusto, vi ricorda qualcosa??) alla fine cediamo alle non velate minacce e paghiamo, tutti tranne uno. Ovviamente non perde il corso, ma per tutti e cinque il voto caratteristico è il minimo.  
Ogni tanto verrebbe di pregare che tutto finisca ma il cappellano militare don D ci fa capire che Dio non è dalla nostra parte. Se non paghiamo il calendario e facciamo una non meglio precisata “offerta” non spontanea, ne parlerà col nostro comandante e sono guai, inoltre ci promette che visto che qualcuno non si vuole piegare alla minaccia, la domenica non ci farà più uscire dopo la messa, e si uscirà soltanto il pomeriggio.  
Preferisco non parlare anche del secondo anno, soltanto perché mi sto intristendo troppo e non voglio nemmeno ricordare che, invece di insegnarmi ad avere uno spirito di corpo e ad essere onesto con il cittadino e con lo stato, mi hanno umiliato, ferito ed hanno cercato di annullare la personalità di ognuno di noi. Non ho trovato mai fuori da quella caserma un ambiente più malsano e metodi da cosca mafiosa.  
Oggi è più facile parlare di clandestini che di militari. Vero sig. Gatti??  
Io non farei mai del male a coloro che lasciano la propria casa per cercare di vivere meglio, affrontando ogni tipo di pericolo e rischiando di morire per dare un futuro ai propri figli.  
Però è questo che mi è stato insegnato. La mia coscienza e quella di molti altri non si è piegata, ma non tutti ci riescono.  
Io non sono Bilal, non sono un clandestino, non sono nessuno, perché i miei diritti sono calpestati ogni giorno e nessun organismo, nessun sindacato, nessuna rappresentanza e soprattutto nessun giornale si è mai interessato della nostra condizione di “nessuno”.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Inadeguatezza dei corsi di formazione 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Mortificazioni personali e professionali 
 

MESSAGGIO N. 44

zagor, giovedì 23 novembre 2006 alle 16.32.32

TESTO

qualcuno in una risposta precedente citava i CAPPELLANI MILITARI.....beh qua a Genova i vari cappellani si sono visti SOLO quando c'è da muovere la bocca ad un rinfresco o per allungare le gambe sotto una tavola apparecchiata.....e qui chiudo.

 
 
Mancanza di cappellani militari che ascoltino i problemi dei militari
MESSAGGIO N. 45

Ludovico, giovedì 23 novembre 2006 alle 21.21.18

TESTO

I Cappellani Militari - in GdF - è meglio perderli che trovarli, un peso assolutamente inutile e lo dico da cattolico e non da ateo.  
Quanto al resto, la qualità della vita è alla base di tutto, è ovvio che dove questa viene meno, nonchè si somma ai comandanti che mediamente abbiamo, s'innesca una bomba ad orologeria che prima o poi scoppia.  
 
Voglio dire che la "regola" è che in un Reparto - mediamente - i 4/5 del personale è pendolare che si sveglia alle 05:30 (quando non prima!) di ogni giorno per arrivare al lavoro alle 08:00 e torna a casa dopo le 19:30, dimenticavo che normalmente si finisce alle 17:00. Passano le settimane, i mesi e gli anni, si vedono crescere i figli senza quasi un padre, i problemi con mogli e conviventi - anche i più banali - diventano irrisolvibili.  
Già questo - di per se - sarebbe devastante su tantissima gente, si sommi che quando si giunge al lavoro si sbatte la testa tutti i giorni con i soliti problemi che al Comando Generale non esistono:  
- manca la carta;  
- manca il toner;  
- i pochi pc che ci sono, sono personali;  
- non funzionano le fotocopiatrici;  
- non c'è carburante:  
- le poche macchine che ci sono si contendono con il coltello tra i denti tra colleghi;  
- ogni giorni ci s'inventa i servizi più inutili;  
- non ci sono soldi per le mense,  
e via discorrendo.  
A questo punto, siamo già "stoici" a resistere, ma il bello arriva che "ciliegina sulla torta" ci sono i nostri Ufficiali che non hanno nessuno dei problemi sopra citati, visto che dispongono:  
- di alloggi di servizio (Che per noi sono "un miraggio");  
- usufruiscono di Legge 100 per ogni trasferimento che - nella quasi totalità dei casi si verifica ogni due - tre anni, tra Reparti che distano al max 50 Km, quando non meno;  
- dispongono dei Reparti a loro disposizione per portare i figli a scuola, recuperare parenti ed amici da aeroporti, porti e stazioni, fare la spese e via discorrendo, per carità quasi sempre disponibilità "spintanea" data da colleghi fuori servizio, ma non hanno certo i nostri problemi;  
- non comprendono i nostri problemi, perchè a loro - che non serve - la GdF da tutto: moderno pc, moderna stampante, nuovissima 84FS o 92FS, telefono cellulare di servizio, tutti le password e collegamenti possibili ed immaginabili, auto ed autista a disposizione (anche quando non spetta), dicevo loro non hanno questi problemi e non capiscono i nostri ed ogni santo giorno, quando si mette piede in Caserma, ci si deve scontrare con questa realtà, con i risultati che si pretendono anche quando mancano i mezzi per uscire dalla caserma, la carta da utilizzare per i verbali.  
Si aggiunga che "solo" una piccola parte di loro sono "Ufficiali & gentiluomini" per come si comportano con il personale, offendendolo, denigrandolo, impiegandolo in barba al regolamento di servizio e poi, non mi si venga a meravigliare quando qualche collega non c'è la fa più, perchè l'unica domanda lecita da porsi è come faccia il resto del Corpo a continuare a digerire tutto ciò.  
La politica dei trasferimenti ed i criteri d reclutamento e selezioni di chi è destinato a Comandare gli uomini - a prescindere "se" Ufficiale, Maresciallo o Sovrintentedente" DEVE cambiare, diversamente i problemi non si risolvono anzi, come i trasferimenti del personale dimostrano (logiche nepotistiche, raccomandazioni e via discorrendo) si finisce allo sfacelo totale, senza che nessuno faccia neppure in tempo a chiuderci...

 
 
 
Mancanza di cappellani militari che ascoltino i problemi dei militari 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Indifferenza dei superiori verso i militari

MESSAGGIO N. 46

eco, giovedì 23 novembre 2006 alle 23.56.33

TESTO

Ma alla fine questi signori ufficiali tanto criticati non sono altro che uomini che si vestono di autorità in un Corpo con le stellette. La militarità sicuramente rende più efficiente l'amministrazione ma il prezzo da pagare è molto alto. Il mobbing, il poter di trasferire, il potere di cambiarci mansioni non assicurando una rotazione nell'espletamento delle stesse, figli e figliastri e punizioni amministrative, chi più ne ha più ne metta. La riforma della pubblica amministrazione negli ultimi anni, per tutti i dipendenti, si è posta l'obiettivo della realizzazione professionale e di conseguenza quella personale degli stessi..........  
Il nostro Corpo pur essendo pubblica amministrazione non persegue nelle realtà, se non solo formalmente per obbligatorietà normativa, questi fini.  
Il valore della militarità per quanto sinonimo di efficienza comporta inevitabilmente a tutti i livelli una condizione di sottomissione intesa in senso ampio e generico.  
Dopo i miei 17 anni di servizio mi capita ancora di non dormire la notte per la rabbia che ho incamerato il giorno precedente per le solite ingiustizie e discriminazioni. L'ufficale non è superpartes. Se ti lamenti con i comandanti non risolvono il problema. Pur di non intaccare gli equilibri creati dai "mafiosi" di turno ti chiedono di cambiare articolazione e servizio come panacea, giustificando con l'incompatibilità e le esigenze di servizio. La morale di questo spaccato di amministrazione è che la vita è fatta di compromessi, che con il tempo per qualcuno più "sensibile" possono diventare dei fardelli enormi senza intravedere vie di uscita se non la peggiore, lasciando tutto e tutti alla loro misera quotidianità.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Pressioni dei superiori per il raggiungimento dei risultati di servizio
MESSAGGIO N. 47

aaaa, venerdì 24 novembre 2006 alle 9.37.29

TESTO

D'accordo con abatebusoni. Pensate che nella G.di F. c'è il più alto livello di militarismo. Ogni giorno mi confronto con colleghi e amici di altre forze armate e quando racconto ad essi le "perle" dei nostri ufficiali si mettono le mani nei capelli. Mi chiedono: "ma non ci stai prendendo in giro?", "ma siete messi davvero così male?". Pensate che un ufficiale di un Nucleo PT ha recentemente ordinato al piantone di verbalizzare le macchine in seconda fila dei colleghi. Lui la sua macchina la parcheggia sulle strisce gialle dei parcheggi riservati all'Amministrazione. Non è cattiveria gratuita questa? Gli ufficiali si stanno incattivendo sempre di più.

 
 
 
Mortificazioni personali e professionali
MESSAGGIO N. 48

caino 71, venerdì 24 novembre 2006 alle 11.08.02

TESTO

Un mio modesto parere al riguardo, la colpa è di ufficiali circondati da cocker da riporto, i quali a loro volta colpiscono senza pietà quelli che oramai ne hanno visto e subite fin troppe.

 
 
Mortificazioni personali e professionali
MESSAGGIO N. 49

Velazquez, venerdì 24 novembre 2006 alle 11.32.44

TESTO

Molti colleghi che non hanno nessuno sponsor, sono abbandonati al proprio destino, per assecondare la volontà dei raccomandati, purtroppo ci rimettono sempre quelli che non hanno nessun santo che li protegge. E questo vedasi in tutto, nei concorsi, nei trasferimenti, nelle specializzazioni ecc. ecc.

 
 
 
Raccomandazioni e difficoltà nei trasferimenti
MESSAGGIO N. 50

Nagler, venerdì 24 novembre 2006 alle 12.23.32

TESTO

Quando una persona arriva a togliersi la vita vuol dire che è disperata. Perché ci vuole molto coraggio per uccidersi. Ma in questi casi cosa c’entra, ci si chiede, l’ambiente di lavoro? Che responsabilità può avere, nei suicidi di tanti finanzieri, il “sistema Guardia di finanza”?  
C’entra. E moltissimo. Perché l’ambiente di lavoro e quello familiare sono tra loro strettamente interrelati e influenzano in modo determinante la psiche, l’autostima e l’equilibrio di qualunque persona. In più, se è vero e documentato che le difficoltà in un ambiente di lavoro “civile” possono determinare depressione e portare a gesti gravi di autolesionismo, questo è ancor più vero per gli ambienti militari, dove il singolo è sottoposto a vincoli e condizionamenti di gran lunga più intensi della norma, dove non ci sono gli strumenti di difesa dei civili e dove chi sta in rotta di collisione con la gerarchia viene isolato dagli altri dipendenti e spesso lasciato completamente solo.  
Ebbene, secondo me, la GdiF è investita da molti anni, almeno dallo scandalo dei petroli dei primi anni Ottanta, da un grave PROCESSO DI DEGENERAZIONE MILITARISTA. Fatto di molti, troppi superiori (tanti dei quali peisaf) completamente chiusi, per paura o per predisposizione caratteriale, nei confronti dei dipendenti. Incapaci di avere un rapporto umano "ricco" come è indispensabile per chi esercita funzioni di responsabilità. Ma una degenerazione fatta anche di violazione crescente delle regole di funzionamento fondamentali in materia di personale che determinano il clima interno dell'organizzazione. E questa è una precisa responsabilità dei vertici dell’organizzazione. In un ambiente militare, infatti, più che altrove E' ASSOLUTAMENTE INDISPENSABILE che le regole, proprio perché più rigide e cogenti per i singoli e le loro famiglie, siano chiare, conosciute, motivate, e – quel che più conta - applicate in modo trasparente e verificabile da chiunque.  
Così non è in Finanza.  
Lo dimostrano tanti fatti, raccontati anche in questo forum. Un esempio? I molti VERGOGNOSI DISTACCHI di giovani finanzieri mandati a casa loro, che offendono e gettano nello sconforto tantissimi che hanno titolo e aspettano inutilmente. Come dimostrano gli IMPIEGHI DEI FIGLI D'ARTE collocati in posti di comodo, di prestigio e anche di lucrosa remunerazione. Come dimostra la PALESE DISAPPLICAZIONE DELLE REGOLE che valgono per la plebe ma non per la “casta di vertice”. Casta di tutte le categorie. E non solo di quella ufficiali.  
La forma militare ha un senso se tutti vedono che chi comanda è il primo a fare i sacrifici richiesti.  
Se invece chi ha potere lo usa per privilegiare sé stesso, figli, amici e figli degli amici, la struttura si sfalda. La gente soffre. E i rischi per i più fragili aumentano.  
Rimbocchiamoci le maniche, allora, e lavoriamo con umiltà e senza ipocrisie per migliorare la situazione.  
NAGLER

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Distacco tra superiori e militari
MESSAGGIO N. 51

Velazquez, venerdì 24 novembre 2006 alle 13.16.31

TESTO

Perfetto NAGLER  
concordo in pieno.  
Qualche anno ha distribuirono un codice deontologico sul comportamento di noi Fiamme Gialle, ora occorrerebbe un codice deontologico sulle raccomandazioni, non devono nuocere agli altri, a chi non ha nessuno.

 
 
 
 
Raccomandazioni
MESSAGGIO N. 52

atos, venerdì 24 novembre 2006 alle 17.19.05

TESTO

Concordo con abatebusoni: il valore della militarità è trasceso in vile militarismo.  
Vile perchè ogni giorno il valvassore di turno, trincerandosi dietro i propri tubolari, infierisce non sul personale lavativo ma che si è allineato alla sua azione di comando, bensì su coloro i quali tengono ancora al proprio ruolo ed al propria dignità di uomo e militare e lavorerebbero con piacere se gli fosse consentito.  
La vergogna dei suicidi in GDF deve ricadere su questi infami.

 
 
 
Mortificazioni professionali e personali
MESSAGGIO N. 53

tretre, venerdì 24 novembre 2006 alle 17.22.35

TESTO

Quando un agente in servizio è costretto a fare uso delle armi, e da ciò deriva la morte di qualcuno, di norma si ritrova con un'imputazione per il reato di cui all’art. 589 C.P. (omicidio colposo) se non addirittura per il 575 C.P. (omicidio volontario). E' un’atto dovuto che può terminare con l'archiviazione, però intanto … ti fa ripensare mille volte se era la cosa giusta da fare. Allo stesso modo Mi domando, e Vi domando: quante volte è stato aperto un procedimento per il reato di cui all’art. 580 C.P. (istigazione o aiuto al suicidio), in modo che anche altre persone debbano pensare mille volte su ciò che hanno fatto. Riflettiamo anche su questo.

 
 
 
 
 
Mortificazione personale e professionale
MESSAGGIO N. 54

Sirol, venerdì 24 novembre 2006 alle 18.37.16

TESTO

Certo aris, ma speciale non è un'ipocrita. Ipocrite sono le persone che attribuiscono i suicidi a problemi extra-lavorativi. Certo, il fatto che neanche un mese fa il Comandante in seconda abbia saturato i posti desiderati (dagli ultra decennali chiedenti-trasferimento) con i neo-finanzieri denota una poca attenzione da parte del Comandante Generale verso quello che combinano i suoi subalterni.  
Mi domando come sia possibile avvallare una tale immotivata cattiveria.  
E non c'era bisogno di pagare uno specialista (a meno che non lo si arruoli da finanziere).  
Sarebbe bastato consultare quotidianamente questo forum.

 
 
 
 
Trasferimenti difficili
MESSAGGIO N. 55

maxim, venerdì 24 novembre 2006 alle 23.18.16

TESTO

Io conosco tantissimi casi di colleghi che si sono suicidati per colpa di donne, di corna o, in molti casi, anche a causa di gravi problemi finanziari, comunque personali, non certo da attribuire alla vita interna del Corpo o alla situazione ambientale del posto di lavoro.  
E' troppo comodo (e un tantino immaturo) addossare responsabilità all'amministrazione, al comandante generale, ai superiori e simili. Con questo non voglio dire che non esistano situazioni di disagio interno, ma si tende sempre troppo ad accentuare ed enfatizzare queste situazioni.  
Purtroppo la nostra cultura é quella che ci porta a dire sempre che la colpa é degli altri. Per ogni male che succede, la colpa é sempre di qualcun altro.

 
 
 
Problemi personali e familiari
MESSAGGIO N. 56

lupodimare, sabato 25 novembre 2006 alle 1.17.57

TESTO

I motivi di tanto disagio sono stati ampiamente spiegati, abbiamo letto il pensiero di molte persone sicuramente appartenenti a reparti diversi situati in regioni diverse, eppure leggendo si ha l'impressione che si tratti del medesimo reparto, ciò vuol dire che il disagio è molto esteso, diffuso su tutto il territorio ed organizzato sistematicamente. E' un metodo calato dall'alto, questo gli hanno insegnato e solo questo possono fare!  
Organizzare dei corsi finalizzati a diminuire il disagio sul luogo di lavoro in una situazione del genere può considerarsi una minaccia, come la lettera del c1 "la vita è bella". Gli strumenti sono utili e doverosi ma gli operatori sono pronti ad usarli correttamente? Se non lo sono, e fino ad oggi hanno dimostrato di non essere pronti, le tragedie potrebbero aumentare.  
La strada giusta è un'altra, è quella del buon senso e lo si può ottenere velocemente consegnando ognuno di fronte alle proprie responsabilità, al rispetto delle regole, al dovere di riconoscere i diritti sanciti dalle norme. Assumersi le proprie responsabilità non deve restare una frase di circostanza ma sentirsi obbligati a rispondere di quanto si è fatto, e nel caso in cui non si ha sufficiente senso del dovere chi ha la competenza dovrebbe sentire la responsabilità di ricordarglielo caldamente.  
Il mobbing nel mondo militare è molto praticato, questo denuncia il semplice fatto che alcuni articoli del Regolamento di Disciplina Militare vengono sistematicamente violati (ad iniziare dall'Art. 21 di cui ci ha parlato Berardo), ma la cosa che appare più grave oltre che paradossale vengono sistematicamente violati da chi sta ai vertici della piramide, cioè da chi è preposto vigilare sul rispetto delle norme. Chiunque legge attentamente il regolamento può notare che il solo rispetto delle norme eviterebbe qualunque tipo di soprusi e/o vessazioni.  
Come spesso accade ci troviamo a porci la fatidica domanda: chi controlla il controllore?  
E' questo che in particolare in finanza oggi ci manca e ciò produce tutto quello che abbiamo letto sopra, come uscirne? con la richiesta del sindacato? Va bene per il futuro, ma noi dobbiamo vivere oggi!  
Per permettere che il Corpo inizi a vivere un pò più normalmente da oggi, il Comandante Generale può dare un Ordine normalissimo e per questo rivoluzionario, in attesa che il parlamento vari una legge che prevede il sindacato, dopo le lettere aperte indirizzate al personale, potrebbe inviare una lettera alla rappresentanza militare, contenente tra l'altro l'ordine di iniziare a lavorare in modo assiduo e continuativo per assolvere il mandato che hanno ricevuto.  
Con sincera stima, lupodimare.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Difficoltà nell’ambiente di servizio
MESSAGGIO N. 57

od, sabato 25 novembre 2006 alle 9.33.17

TESTO

l'amministrazione è formata da persone, noi siamo l'amministrazione.  
non è l'amministrazione che ha le responsabilità, siamo noi che la componiamo ad essere responsabili (qualora ci fossero responsabilità).  
spogliati della parola "amministrazione" rimaniamo noi uomini con i vari caratteri e le varie culture.  
penso che il problema sia da ricercare nei quotidiani rapporti umani che intrecciamo: nella maggior parte dei casi non sappiamo ascoltare il prossimo e siamo pronti a lamentarci quando non veniamo ascoltati.  
per alcuni è più facile riuscire a coltivare bene il proprio "orticello" e disinteressarsi dei problemi altrui.  
penso che la maggioranza di noi non sia così, tuttavia il menefreghismo è contagioso e col passare del tempo, se i problemi aumentano, ci si inaridisce e si tende ad essere più egoisti.  
credo che il suicidio sia un tentativo estremo di comunicazione:  
è un messaggio per chi resta e dovrebbe essere letto come un incitamento al dialogo costruttivo.  
se ognuno di noi riuscisse ad avere rapporti interpersonali mettendo da parte il "ruolo" che ricopre e fosse disponibile a mettere in discussione i propri "principi" e "credo"........forse qualcosa cambierebbe.  
parlarne in questo forum è comunque molto positivo.

 
 
 
Indifferenza dei colleghi
MESSAGGIO N. 59

cartuccieddu, sabato 25 novembre 2006 alle 10.19.43

TESTO

Cari colleghi, pare che questo Comandante Generale della Guardia di Finanza si stia sensibilizzando su questo fenomeno che nella nostra amministrazione purtroppo esiste. Io comunque avrei alcuni consigli per il C1, per esempio, svegliarsi la mattina, fare una ricca colazione, prepararsi, chiamare gli autisti e programmare, non dico tanto ma almeno una volta la settimana, una visita non preannunciata in un reparto del Corpo e magari ogni settimana in una Regione diversa. Sono sicuro che senza il preavviso, si potrebbero risparmiare risorse umane, economiche e senza la presenza dei vari Ufficiali Regionali, etc. potrebbe veramente colloquiare con il personale che, senza influenze potrebbe delucidarlo al meglio del malessere e solo in questo modo potrebbe essere messo al corrente delle situazioni di disagio sentite dal personale.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Distacco tra superiori e militari
MESSAGGIO N. 60

Cariatide, sabato 25 novembre 2006 alle 10.22.11

TESTO

.....eppure, caro Abatesuoni, sono più vicino al pensiero di Maxim che degli altri.....sembra pacifico che oggi nella nostra amministrazione la panacea di tutti i mali siano gli ufficiali.......ma quanti colleghi conosciamo che si sono posti in condizioni di estremo disagio e pericolosità (per amicizie ambigue, per prepotenza fuori dal lavoro, per questioni sentimentali, per alcoolismo ecc.ecc.) per loro scelta e non certo per colpa dell'ambiente di lavoro??

 
 
Problemi personali e familiari
MESSAGGIO N. 61

lillo, sabato 25 novembre 2006 alle 15.53.27

TESTO

Sta di fatto che la condizione lavorativa è fattore importante per il buon equilibrio nella vita quotidiana, diciamo che è un prerequisito fondamentale per vivere sereni. Se viviamo male sul posto di lavoro per varie motivazioni (stipendi, carriera, soprusi o quant'altro) di certo non possiamo toglierci di dosso le ansie con la stessa facilità con cui leviamo la divisa. Una correlazione è di certo esiste, non credo però che questa amministrazione sia ingrado di fare la sua parte per migliore le condizioni di vita, in quanto più attenta ad aspetti di visibilità esterna piuttosto che all'umore e alle aspettative dei propri dipendenti.

 
 
 
 
 
Indifferenza dell’amministrazione
MESSAGGIO N. 62

kilo, sabato 25 novembre 2006 alle 16.14.55

TESTO

Cari Maxim e Cariatide,  
rispetto le vostre idee.  
Mi pare però il caso di segnalare che l'insoddisfazione degli ufficiali che lasciano il corpo, verosimilmente, è mitigata dal nuovo impiego che gli stessi si accingono ad esercitare nel momento in cui perdono lo status militare. Ciò, ritengo, in quanto costoro maturano la decisione solo dopo aver preso le idonee precauzioni, forti anche della loro posizione di ufficiale della G.di F.  
Diverso è per il peisaf, il personale non sempre è preparato a nuove esperienze ovvero non ha i mezzi, anche economici. Ecco perchè il disagio è destinato a crescere. Ed i segnali sono tutti nel numero crescente di riformati.  
Al riguardo, credo di poter parlare con cognizione di causa. Ho avuto la (s)fortuna di perdere l'impiego per riforma. Ora, da uomo libero, mi sento fortunato perché avendo maturato 27 anni di servizio effettivo ho lasciato il Corpo con una discreta pensione.  
Ma così non è per tutti.  
Come devon fare quelli che hanno meno anni di servizio e che non hanno più l'età per confrontarsi con il mondo del lavoro. Uomini che hanno lasciato affetti e famiglia a 18 anni.  
Devono rimettersi in discussione ? E' ovvio che qualche remora ci sia.  
Accade cosi che il personale si lascia andare, per nulla aiutato da una classe dirigente autorefenziale, talvolta o spesso dedita al raggiungimento di personali tornaconti.  
Con ciò non voglio dire che la causa dei tragici eventi vada ricercata solo nello status e nell'habitat militare, ma credo sia plausibile ricondurre all'insoddisfazione professionale le principali concause del crescente disagio. I cui effetti, talvolta, portano a gesti estremi, soprattutto nei casi in cui lo sventurato, isolato anche dali suoi stessi colleghi, non vede altre vie d'uscita.  

 
 
 
 
 
 
Insoddisfazione professionale ed economica
MESSAGGIO N. 63

umile, sabato 25 novembre 2006 alle 16.27.02

TESTO

Gent.mo Lillo, concordo in pieno.  
Posso aggiungere che in tempi passati, il personale militare, indipendentemente dai  
ruoli, entrava ed usciva dalla caserma, dopo 8,9 o 10 ore di servizio, con serenità.  
I Comandanti di Corpo esaminavano attentamente le istanze dei militari e non solo,  
contattavano telefonicamente gli stessi (ho visto con i miei occhi) per raggiungere  
con effetto immediato il reparto richiesto.  
Comandanti con un grande bagaglio di umiltà e rispetto verso i propri collaboratori.  
Anche oggi, grazie a Dio, non mancano.

 
 
 
 
Distacco tra superiori  e militari
MESSAGGIO N. 64

portodimare, domenica 26 novembre 2006 alle 21.57.41

TESTO

E’ veramente uno spaccato significativo di come ce la passiamo noi finanzieri, quanto si è delineato in questa discussione. Certe testimonianze, davvero eloquenti, stanno a testimoniare l’abisso che corre tra il nostro mondo e quello della società civile che ci circonda: c’è da mettersi le mani nei capelli, anche per chi, come me, dopo tanti anni di servizio pensava, non di aver visto tutto, ma di essere pronto a tutto.  
A furor di popolo, la componente alla quale è stato attribuito il fardello delle responsabilità di tutto il malessere del personale Peisaf, è la categoria ufficiali, anche se, a sentir loro, (che in questa discussione, sembra se ne siano affacciati in numero tale da contarli su …. un dito) non se la passano bene, vuoi per i continui trasferimenti, vuoi per tutte le “esigenze” connesse alla carriera, ossia alla voglia di divenire tutti generali, vuoi per tutta una serie di motivi a noi poco noti ma che, sicuramente sono diversi dai nostri.  
Sta di fatto che LORO E NON NOI possono mutare le regole che li riguardano: se a loro sta bene continuare così si tengano pure il loro “malessere” senza ribaltarlo e nemmeno contrapporlo all’equilibrio psicofisico del personale subordinato.  
Noi tutti sappiamo che la categoria ufficiali per esercitare questa sorta di “prepotenza” si avvale del Regolamento di Disciplina Militare e, sovente, anche del Codice Penale Militare.  
Sappiamo anche che il RDM è uno strumento anacronistico, dove ogni manifestazione, sia pure la più banale, può essere assunta a violazione; mettiamoci anche che il fatto che esso viene applicato sempre a senso unico, cioè dalla categoria ufficiali a quella Peisaf, ed ecco che si chiude il cerchio.  
Chi ha mai sentito che un ufficiale sia stato punito per aver insultato o minacciato un collega Peisaf o, comunque, perpetrato una delle molteplici fattispecie previste dal RDM?  
La potestà di sanzionamento è nelle mani degli ufficiali; la potestà di giudizio è nelle mani degli ufficiali, vale a dire che l’accusatore è anche il giudice e, dulcis in fondo, in taluni procedimenti disciplinari l’ufficiale è anche il difensore. Con questo arcaico sistema gli esiti nefasti sono sotto gli occhi di tutti.  
Paradossalmente sarebbe meglio subire un processo penale, con tanto di garanzie difensive, che un procedimento disciplinare di stato e non, dove tutto avviene nel chiuso di quattro mura.  
Per fortuna stiamo maturando sempre di più la consapevolezza dei nostri diritti, e sempre più ci rivolgiamo alla magistratura amministrativa e penale (anche se con aggravi di spesa insostenibili) anche per fatti di natura disciplinare, e sempre di più le cause contro l’Amministrazione vanno vinte.  
Quindi, crediamo sia arrivato il momento di porci sulla stessa lunghezza d’onde di ogni cittadino che ha diritto ad essere tutelato in ogni ambito, quindi anche sul posto di lavoro, esattamente così come prevede la Costituzione.  
E’ ora che i vertici militari, gli stati maggiori non pongano più ostacoli, e che la classe politica compia finalmente questo atto di giustizia.  

 
 
 
 
 
 
 
 
Inadeguatezza e arretratezza  della disciplina militare
MESSAGGIO N. 65

maxim, lunedì 27 novembre 2006 alle 15.58.01

TESTO

casi di ufficiali suicidatisi che conosco io hanno riguardato in alcune circostanze questioni strettamente personali di tipo, diciamo, sentimentale (uno di questi fu addirittura filmato in diretta), mentre molti altri, invece, squallide storie di tangenti, da Nord a Sud. E' ovvio che tutti questi avevano, a loro volta dei superiori, ma per quello che ne so mi risulta difficile attribuire a questi le responsabilità di quei tragici gesti.

 
 
Problemi personali
MESSAGGIO N. 66

kilo, lunedì 27 novembre 2006 alle 23.25.44

TESTO

La lettura dei numerosi post e delle convinte tesi ivi sostenute concede l’opportunità di valutare anche altri aspetti della drammatica questione in esame, forse prima non ben considerati.  
Fra tutte, ritengo foriera di positiva e costruttiva analisi la sostanziale contrapposizione degli assunti.  
Infatti, dall’evolversi della discussione appare emergere, in estrema sintesi, l’esistenza di due contrapposte correnti di pensiero: una accusatoria, da ricondursi a coloro che insinuano presunte responsabilità colpose negli ufficiali e l’altra, difensivistica, che riconduce i tragici fatti a situazioni contingenti e personali estranee al servizio.  
Al riguardo, ritengo che siffatto contrasto debba essere ridimensionato giacché, come sempre, la verità andrebbe ricercata nel mezzo. A tal fine, credo sia necessario stornare ogni pregiudizio e valutare sotto una luce diversa la questione.  
Non v’è dubbio che crescente è il disagio che attanaglia il personale. Altrettanto palpabile appare l’insofferenza del Peisaf al comportamento egoistico ed autoreferenziale addotto agli ufficiali.  
Da ciò non deve derivare, però, la colpevolizzazione di una intera categoria di persone che, a ben vedere, hanno di che lamentarsi.  
Nei precedenti post ho cercato, forse impetuosamente, di esprimere il mio pensiero che non è, sebbene possa sembrare, a senso unico. Ho infatti conosciuto tanti bravi ufficiali, ma è anche vero che ho avuto modo di conoscerne altrettanti meno virtuosi, il cui ricordo è stipato in reconditi e (volutamente) compressi anfratti mentali.  
Ciò che invece mi appare necessario valutare è l’influenza dello status militare nell’equilibrio psico-fisico dell’appartenente al Corpo. Soprattutto in presenza di fattori situazionali cronicizzati.  
Cito ad esempio, la tipica fattispecie che vede un militare coniugato con una conterranea i quali, nonostante i ripetuti tentativi, non riescono a far rientro nella loro regione. Il che comporta gravi, e talvolta insanabili, dissapori familiari che possono sfociare, soprattutto se in presenza di concomitanti problemi economici, in vere e proprie crisi.  
È indubbio che una situazione del genere possa ingenerare del rancore nell’intimo di una donna che, a causa dell’impiego del proprio uomo, si vede costretta a centinaia di km dai suoi cari, magari senza lavoro e senza opportunità di farvi fronte a causa di vetusti regolamenti che non concedono ai familiari del finanziere la libertà di poter avviare autonoma impresa.  
Da qui la necessità, per il finanziere, di adoperarsi affinché il proprio stipendio possa accrescere con qualche ora di straordinario, ottenuta magari combattendo con qualche altro collega.  
Paradossalmente, una soluzione simile porta a ulteriori contrasti familiari, causati dalla perdurante assenza dagli affetti familiari.  
Si potrebbe obbiettare che ciò può accadere anche nel mondo privato. Sono tanti gli emigranti…  
È vero! Ma il problema, ritengo, è che il finanziere, pur credendo (o quantomeno dovrebbe credere) in sane regole civiche, potrebbe subire la disinvolta (dis)applicazione delle norme e dei regolamenti.  
Assiste suo malgrado a crescenti ingiustizie, finanche all’interno della propria amministrazione.  
In casi simili è più difficile tenere duro, soprattutto se l’habitat lavorativo non è scevro da insani “militarismi”.  
Sostantivo antico e astratto, la cui valenza attuale rimetto alla Vostra valutazione.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mortificazioni personali e professionali 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Indifferenza dei superiori verso i militari 
 
 
 
 
 
 
 
 

Difficoltà nei trasferimenti, problemi economici 
 
 
 
 
 
 
 

Lontananza dalle famiglie d’origine

MESSAGGIO N. 67

ulisse, lunedì 27 novembre 2006 alle 23.36.10

TESTO

Io continuo ad essere dell'idea, sempre più convinta, che è IMMORALE dare la colpa dei tanti suicidi di colleghi agli Ufficiali del Corpo. Penso sia una "scusa" per non ammettere il nostro IMMOBILISMO, il nostro PRESSAPOCHISMO, il nostro MENEFREGRISMO nel non aver aiutato il collega in difficoltà....un modo lurido e sporco per sentirci a posto con la coscienza....Ulisse

 
 
 
Indifferenza tra colleghi
MESSAGGIO N. 68

umile, martedì 28 novembre 2006 alle 9.09.44

TESTO

Ulisse, sono in linea con te. Più volte gli Ufficiali vengono chiamati in causa senza conoscere il problema, cascando dalle nuvole. Ci sono colleghi che la mattina si presentano sul posto di lavoro e la prima cosa che fanno; lo straordinario, come scaricare le proprie pratiche ad altri, parlare male di altri colleghi, doppia personalità, ecc........ . Povere mogli. In moltissimi anni ho capito che non bisogna avere paura di nessuno quando svolgi regolarmente il tuo. Peccato che i militari, vincitori di un regolare concorso per passaggio ad altra categoria, frequentatori del corso, ritornano da dove sono partiti. Perchè non impiegarli nel servizio operativo? Nessuno escluso. Mi auguro che in tutte le Amministrazioni regni la serenità per tutti. Saluti

 
 
Mortificazioni personali e professionali 
 

Scarse possibilità di carriera per i militari 
 
 
 

MESSAGGIO N. 69

portodimare, mercoledì 29 novembre 2006 alle 21.56.50

TESTO

Se il mio intervento ha dato l’impressione che tu hai percepito, ossia che io abbia ricondotto la responsabilità del triste fenomeno alla categoria ufficiali, beh allora mi preme precisare che non è affatto questo il mio pensiero.  
Piuttosto, secondo le mie convinzioni, ho cercato di far emergere una possibile concausa: è indubbio che, quando solo sussiste la possibilità di subire una forma punitiva (qual è l’applicazione del RDM), pressoché senza contraddittorio o, per lo meno, senza la possibilità di usufruire di valida garanzia difensiva, il soggetto passivo viene a trovarsi in posizione di soggezione rispetto all’evento che gli è sfavorevole.  
Detto questo, vorrei che chiarissi cosa condividi e cosa non condividi, giacché hai scritto che “forse condividi il mio intervento solo in minima parte”.  
Io nel frattempo ho partecipato, nella città ove presto servizio ad uno di quei seminari organizzati dal Coge e vorrei parteciparvi le mie impressioni.  
Il relatore, medico psichiatra, ha particolarmente sottolineato la lodevole iniziativa del ns C1 che ha voluto finalmente esporre pubblicamente un argomento “tabu”.  
Ha ribadito che, anche nell’ambiente medico ospedaliero si verificano molteplici casi di suicidi, ma che i loro dirigenti ancora oggi hanno difficoltà a portare all’attenzione dell’opinione pubblica il triste fenomeno.  
A mio parere l’incontro è stato si utile, però solo come conoscenza di una materia in senso generale ma non vista nello specifico contesto della ns amministrazione, ovviamente senza responsabilità dei relatori.  
La mia idea, invece, è quella che lo specialista incontri il personale (a tutti i livelli), dopo aver analizzato gli episodi che si sono verificati e dopo aver compreso come funziona dal di dentro la GdF (magari, anche leggendosi gli interventi in questo

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
MESSAGGIO N. 70

pinuccio, giovedì 30 novembre 2006 alle 17.21.22

TESTO

Mi sento di dover ringraziare personalmente FICIESSE per l'iniziativa.  
Il problema è sentito e la partecipazione alla discussione lo dimostra.  
Cerchiamo di non perdere questa occasione di dialogo per migliorare il Corpo.  
Personalmente proporrei una riqualificazione dei Comandanti (anzichè dei gradi) e, perchè no, uno svecchiamento degli stessi, avendo notato che i colleghi freschi di arruolamento hanno più a cuore il Corpo dei vecchi marpioni che lo hanno usato / lo usano per ... "scopi personali" .  
Dobbiamo riuscire a liberarci dei Comandanti / padroni che hanno una visione distorta dell'Amministrazione.  
Inoltre, come qualcuno ha scritto, occorre impegnarsi a migliorare le condizioni di tutti con una nuova circolare dei trasferimenti equa e trasparente in modo da non dover soffrire, senza alcun motivo, la lontananza dalle famiglie.  
Molti di noi farebbero volentieri a meno della legge 86/01 a patto di essere trasferiti con "umanità"; qualche volta sembra, invece, che ci si ponga solo il problema finanziario ai trasferimenti.  
Sono convinto che se fossimo liberi di avanzare domanda indicando i provinciali senza alcuna limitazione di anni di Reparto si potrebbe riuscire a contemperare le esigenze dell'Amministrazione con quelle personali con un giovamento non indifferente per tutti.  
E' difficile da comprendere ?

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Difficoltà nei trasferimenti
MESSAGGIO N. 71

domenico17, venerdì 1 dicembre 2006 alle 18.52.33

TESTO

In una società dove le parole (troppe) hanno assunto un valore così relativo e l’ascolto è solo un miraggio, ecco che l’atto del suicidio assume il significato di grido estremo, straziante, di chi ha chiesto disperatamente al suo prossimo (familiari, amici, colleghi, istituzioni) aiuto, affetto, comprensione e non è stato ascoltato, capito, soccorso…. Allora di fronte a queste sassate in pieno volto che questi colleghi con il loro corpo hanno lanciato a tutti noi, si può fare qualcosa?  
Il nostro non è un lavoro in solitario, il collega è stato con noi, ha vissuto con noi, ha sorriso e scherzato con noi, si è confidato, forse ha pianto… l’allarme non è stato lanciato, la sirena del collega di stanza, di pattuglia, di piantone etc., non ha funzionato.  
Signori, ogni singolo può e deve fare di più, la gdf siamo noi stessi e se siamo persone serie…..il collega non muore….non muore nessuno. Gaetano e Patrizio, che sono i miei colleghi di ufficio li ho in carico io….molti altri colleghi, superiori compresi, ignorano o sanno appena della nostra esistenza.  
Mi piacerebbe che le 74 storie di queste morti (nel rispetto dell’anonimato) venissero raccontate dalle persone vicine, interpretate, capite di più……almeno adesso. Potremmo iniziare a capire quali sono le cose che più di tutte ci fanno andare in “tilt”. Per esempio se sono grandi città o piccoli centri, reparti grandi o piccoli, mansioni di ufficio od operative, di posto fisso o mobile, lavori tributari od extra, di mare o di terra, casa di proprietà o in affitto, mutuo, debiti…l’età, il grado, la salute, sposati, separati, familiari etc…. si potrebbe fare?  
Se poi la disperazione del collega è direttamente collegabile al comandante “incompetente” ….oggi sono presenti sul “mercato” (saranno in futuro molti di più) potenti antidoti a queste degenerazioni (questo forum ne è un concreto esempio)….chi muore è perchè non è stato sufficientemente “curato” …..da noi tutti.

 
 
 
 
Indifferenza dei colleghi 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
MESSAGGIO N. 72

Kitcarson, venerdì 1 dicembre 2006 alle 23.04.15

TESTO

E' vero, il degrado dei VALORI sul luogo di lavoro, è condizione necessaria affinchè si possano verificare episodi di disagio, di mobbing, di suicidi. Le caserme però sono luoghi speciali dove vige un regolamento di disciplina che se applicato, in modo corretto, eviterebbe il disagio e tutte le conseguenze estreme, e questa è esclusiva RESPONSABILITA' dei comandanti.  
La responsabilità, questo è il primo punto su cui intervenire, mettersi d'accordo sul significato di questo vocabolo, e successivamente trovare i comandanti disposti ad assumere davvero le responsabilità dettate dalle proprie funzioni.  
Il secondo punto è quello di domandarsi se una forza di polizia con funzioni prevalentemente nel settore tributario, può essere diretta ed amministrata con regole utili ad andare in guerra.  
Il terzo punto è quello di chiedersi se il RDM può essere utile dalla scuola alla pensione. In ambito civile corrisponde ed applicare le regole in uso all'asilo ed elementari anche al professionista di qualunque specialità.

 
 
 
 
Inadeguatezza ed arretratezza della disciplina militare
MESSAGGIO N. 73

bascoverde74, domenica 3 dicembre 2006 alle 0.03.27

TESTO

Nel 1997 ho perso due colleghi ed amici per suicidio. 1 dei due soprattutto per colpa dell'amministrazione. IN 11 anni di servizio ho visto molti comportamenti schifosi da parte di superiori verso i sottoposti soprattutto da parte di tenentini freschi di accademia . colleghi forti che hanno saputo reagire ma anche colleghi più fragili che si sono fatti mettere i piedi in testa e che sono diventati delle nullità. Qualcuno dovrebbe spiegare alle gerarchie superiori che sotto la divisa ci sono uomini con dignità e amor proprio.

 
 
 
Mortificazioni personali e professionali
MESSAGGIO N. 74

Scenic, sabato 31 marzo 2007

UN ESAME RIVELA I RISCHI PSICOSOCIALI DELL'ATTIVITÀ DI POLIZIA  
L. GARRIDO - Valencia - 29/03/2007  
 
Esso è prima nella sua specie. Il lato scuro della polizia in Spagna. I rischi psicosociali dell'attività della polizia ritraggono al professionista da una dimensione globale che include gli effetti di un lavoro con i condizionatori specifici. Tredici capitoli sgranano i rischi che presuppongono gli agenti dei corpi e le forze di sicurezza del dichiarare, l'effetto impressionabile, esperto e sociale, le conseguenze di quell'effetto e la mancanza di risposta prima di una realtà che garantiscono i numeri. Le affermazioni sono effettuate nelle statistiche dei contrastables. Il buon segreto di maggioranza mantenuto dalla gestione per, ad esempio gli autori, per evitare di dimostrare le contraddizioni. In più, un'indagine a 500 agenti che getta risultati coincidenti con cui maneggiano possiede le proprietà della polizia. Per esempio, 20% dei encuestados il harassment morale di denunciation dell'istituzione e dei relativi comandi. Le malattie psicologiche sono disposte fra la seconda o terza causa della malattia di lavoro. Nel Canada, gli USA o L'ITALIA, i suicides degli agenti della polizia sono due volte sopra la media dell'insieme della popolazione. In Spagna, nella polizia nazionale l'indice è dieci volte superiori alla media e nella protezione civile 19 cronometrano la media della popolazione. Durante dieci anni, ogni dieci giorni uno ha commesso il suicide o esso ha provato un agente della protezione civile. Nell'istituzione militare, in una decade, 17.000 agenti sono stati di perdita di lavoro, che suppone la perdita di sei milione giorni di lavoro con un costo di 500 milione euro. Nella polizia nazionale, il numero è mezzo. Soltanto 5% dei gruppi sono donne. Nel d'Esquadra di Mossos, per esempio, 9% di quelle donne hanno riconosciuto per avere harassment subito da parte dei relativi compagni e 67% per avere i comportamenti ed atteggiamenti subiti di machistas. Sono soltanto alcuni dei numeri più showy. A loro le analisi sociologiche sono aggiunte che inoltre raggiungono all'altra polizia autonoma, alla polizia locale ed all'esercito. Anche con il nome completo. La guancica del Fernando, ex segretario generale dell'associazione unificata del giornalista di Guardias Civiles (AUGC), di Manolo del pioppo e dell'avvocato in Sonia di destra Ruiz prova a avvicinarsi alla polizia come il professionista alla società.  
 
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MESSAGGIO N. 75

Domenico17, mercoledì 4 aprile 2007

Sul tema abbiamo fatto già le nostre considerazioni, certamente esse sono il punto di vista di chi non è del settore, ma è l’utilissimo sintomo che il paziente lamenta per permettere al medico di fare un’esatta diagnosi. Cioè, per intenderci, dalla parte di chi “schiatta”.  
Del resto, è la stessa parte alla quale il Comandante Generale si è rivolto parlando dell’amore per la vita. Certo sarebbe utile, prima o poi, spedirglieLo questo resoconto, perché, se dovesse cambiare, il prossimo, non capirebbe facilmente... per riprendere il discorso, si perderebbe ancora tempo.  
 
Personalmente, non credo che questa raccolta di opinioni possa sortire chissà quali effetti, ma certamente è un segnale di ritorno, per affermare che noi la vita l’amiamo eccome, l’amiamo in modo profondo e desideriamo viverla “in todo” , non a pezzi e bocconi togliendo le ore di lavoro, quelle precedenti e quelle successive.  
Non è che si possa imputare all’amministrazione la colpa di fatti così drammatici, forse dettati da tante circostanze intime e concatenanti. Però, l’altissima casistica di suicidi all’interno, su un campione sceltissimo della società (visite mediche, test e contro-test, informazioni sulla genetica familiare, etc.), non può non allarmare e porre un serio interrogativo a chi detta le linee guida di questa amministrazione e sentirsi investito in pieno del problema.  
 
Ci sono troppe norme restrittive sugli iter sanitari, specie per le patologie di tipo psicologico, che affossano e non aiutano il militare in difficoltà, esse sono troppo imbastite di “pungoli” posti per militari di leva in tempo di guerra; norme che mal si adattano ad operatori di polizia del 2007, non più diciottenni e da trenta anni sotto leva.  
Andrebbero anche riesumate tutte quelle cartelle cliniche che hanno prodotto congedi precoci, che potevano essere senz’altro evitati con un po’ di attenzione in più ed un po’ di ipocrisia in meno. Sarebbe utile fare di questi casi, esempi accademici per evitare di continuare, continuare, continuare a sbagliare.  
Andrebbe fatto tant’altro…..perché noi, per questa amministrazione, siamo la vita e se essa non smette di tradirci ed inizia ad amarci sul serio, ad odiare la vita non siamo noi.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Disposizioni che non si adattano ad operatori di polizia  
MESSAGGIO N. 76

Raffaele, venerdì 6 aprile 2007

Carissimo Domenico 17, quoto in toto il tuo messaggio ma se scrivo così pare paggeria, no non è così, colgo nei tuoi msg tanta competenza ed empatia e questo mi fa sussultare non sono solo. Grazie Domenico 17.

 
MESSAGGIO N. 77

Domenico17, giovedì 12 aprile 2007

Raffaele, grazie a te che l’hai letto. All’argomento, data l’accorata partecipazione di tanti, andrebbe dato uno sbocco concreto, piccolo, piccolissimo, irrisorio.…ma andrebbe dato ed anche con urgenza.  
Perché a questo punto è necessario interrogarsi se il problema in argomento era importante perché ne ha parlato un giornale, o perché lo è nella sua concreta drammaticità quotidiana. Augurarsi un possibile rimedio, al momento neanche visibile all’orizzonte, è l’ennesima illusione?  
Solo ieri, per esempio, ho letto qui quanto scritto da kilo (ex io mollo): anch’egli arrivato, suo malgrado, alla pensione in seguito ad una fortissima situazione di stress da lavoro…come noccioline, con una cadenza impressionante, numerosi colleghi cadono nella disperazione e sono costretti a mollare per problemi legati a crisi di ansia, a situazioni di stress, a fusioni irreversibili.  
Allora, io dico, se dal primo giorno uno potesse lanciare l’allarme senza alcun timore circa il suo stato di disagio (normale, legittimo, umanamente possibile) fino ad arrivare al pensionamento anticipato, al congedo d’autorità, ci passa un mare di tempo….è possibile che non si riesce a creare una linea di solidarietà, una unità di crisi istituzionale, autorevole, appositamente posta per salvare (a tutti i costi) questo collega che non si è macchiato di niente, che ha bisogno solo di tirare il fiato?….è un qualcosa che potrebbe capitare a tutti, di ogni ordine e grado…..è vero che ci chiamano “caini” ma l’origine della definizione non è legata a questo, assolutamente….non ci credo.  

 
 
MESSAGGIO N. 78

Sonodemocratico, domenica 6 maggio 2007

Se è vero che tutto il materiale raccolto da ficiesse sul tema suicidi verrà portato all'attenzione della stampa e del Comandante Generale, voglio fornire un contributo:  
31 marzo 1998- si spara un colpo di pistola al volto il Finanziere Mattei Isidoro, 19-20 anni, nella caserma Meattini di Via del Pratello, nr.2 - Firenze.  
Inchieste??  
Indagini interne??  
Neanche l'ombra.  
Anzi, non si sa neppure cosa sia stato dichiarato (e se sia stato dichiarato qualcosa) ufficialmente dai vertici Gdf dell'epoca in merito.  
Condoglianze ai familiari del collega recentemente scomparso in analogo modo.  

 
 
Mancanza o inadeguatezza delle indagini interne sui motivi di un suicidio 
MESSAGGIO N. 79

Flickerit, domenica 6 maggio 2007

Perchè.....  
dal mio primo impatto con il sito (appena 4 giorni), leggendo i vostri forum ho cominciato a rivivere una esperienza personale che difficilmente riuscirò a rimuovere. Chiedersi insistentemente perchè, perdonatemi è ipocrisia.  
Queste tragedie hanno sempre un perchè, un "prima", un "durante" e un "dopo".  
A me resta un profondo vuoto e l'angoscia di non aver fatto abbastanza, per evitare il dramma di un uomo che aveva diritto a vivere, oltre la sua fragilità. Scusatemi.

 
MESSAGGIO N. 80

Lupodimare, lunedì 7 maggio 2007

E' vero, flickerit, c'è sempre "un prima e un durante", nell'ambito dei quali se ognuno adottasse il normale comportamento degno di una civile comunità, molti "dopo" non si verificherebbero.  
Per accellerara il cammino verso una "civile comunità" , sarebbe opportuno consegnare velocemente tutti i punti di vista qui descritti e sollecitare le conseguenti iniziative.  
Osservando con occhio vigile.  
Lupodimare.

 
MESSAGGIO N. 81

Domenico17, mercoledì 16 maggio 2007

Mentre il medico studia, il malato muore. Muore nella sua immensa solitudine, a lavoro, nella società, spesso anche in famiglia….ognuno di noi da artefice potrebbe diventare protagonista inverso.  
Due fatti così drammatici, così a poca distanza e così collegati a noi….  
Si, ne abbiamo parlato, è servito almeno a sensibilizzarci e sensibilizzare… evidentemente è poco.  
 
Ho pensato più volte che scrivere in questo forum, passato il senso liberatorio dei primi interventi, fosse drammaticamente sterile, oggi capisco che sarebbe stato per me impossibile avere consapevolezza di fatti così toccanti e provare amarezza per queste scomparse così dolorose.  
“Per chi suona la campana” (Hemingway)…essa suona per noi.  
 
Non avremo mai notizia di quelle morti che siamo riusciti ad evitare, ad opporci in tempo…..è il momento di solidarizzare, dialogare, continuare a sperare.

 
MESSAGGIO N. 82

1240, mercoledì 16 maggio 2007

Purtroppo i suicidi continueranno perchè questa insensibilità nel nostro ambiente è sempre piu' presente. quando non vedi via d'uscita da questa situazione statica, puo' anche accadere di pensarci.Speriamo di essere piu' forti di chi purtroppo ci è passato

 
 
Insensibilità dell’ambiente interno
MESSAGGIO N. 83

Domenico17, giovedì 17 maggio 2007

Troppi suicidi nella guardia di finanza…Sì, troppi ed insopportabili.  
Spieghiamo perché? Il perché lo deve spiegare chi è in possesso di tutti gli elementi per poterlo fare e cioè quelli che hanno tra le mani la cartella relativa all’arruolamento, quella personale, quella relativa agli scritti lasciati e le parole dette prima dell’estremo gesto, quella contenente le centinaia di interviste a tutto il mondo nel quale era vissuto fino a poco prima il malcapitato……come faccio io a spiegare il perché? Io ho solo il diritto di sapere cosa succede e cosa posso fare per collaborare, per invertire la rotta. Queste spiegazioni me le si devono, perché ad ogni sparo ed al rumore sordo di un corpo di un mio collega che cade, anche a mille chilometri, sento imbrattare la mia divisa e mi sento responsabile, sì io per primo, perché significa che non ho fatto abbastanza, anzi non ho fatto proprio niente.  
Se un Comandante Generale mi scrive una lettera sul valore della vita, vuol dire che il mio parere gli interessa e se così fosse, deve darmi i dati, mi deve spiegare per primo cosa intende fare ed in che direzione vogliamo andare. Tutti.  
 
Se un delegato cocer può andare in televisione per un messaggio indirizzato direttamente al ministro, allora ci si deve rendere conto che i sistemi di comunicazione sono cambiati, la società è cambiata, questo modello rigidamente piramidale di lavoro non regge più, deve urgentemente adeguarsi…..  
 
Bisogna mettere sotto accusa il sistema degli arruolamenti…l’atavica crisi occupazionale ha spinto eccellenze intellettive ad arruolarsi in sistemi militari presso i quali erano notoriamente richieste intelligenze medio basse….si è avuta la presunzione di arruolare ferrari per farle andare nei campi…queste ferrari andavano scartate, bisognava arruolare trattori se era nelle intenzioni non adeguarsi a nessun cambiamento rispetto alla società civile.  
Il sistema piramidale è stato ampiamente superato dalla necessità di dialogare continuamente ad ogni livello e questo è favorito dalle nuove tecnologie che permettono in tempo reale di far interagire direttamente la base con il vertice e viceversa.  
 
Questa indifferenza di fronte ad una problematica così traumatica non può continuare ….essa genera sentimenti fortemente negativi ed incontrollabili….l’eco di questi spari toglie il sonno e chi non riposa può fare gesti inconsulti.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Inadeguatezza degli arruolamenti

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